L’Italia è il maggior consumatore al mondo di acqua minerale. Ogni anno ne entrano nelle nostre case 12 miliardi di litri, vale a dire circa 200 litri pro capite. E un italiano su due beve esclusivamente acqua imbottigliata. Sempre uno su due la considera più pura dell’acqua del rubinetto, uno su tre la reputa migliore al gusto, uno su sei dice che è «meno dura». Ma davvero sappiamo che cosa beviamo? E le acque minerali sono migliori dell’acqua distribuita dalla rete idrica? Come se ne valuta la qualità?
Sono passati quattro anni dall’inchiesta de Le Scienze sulla qualità dell’acqua e poco è cambiato da allora. I dati Istat più recenti indicano che i consumi di acqua minerale continuano ad essere elevati: nel 2010 il 61,8% delle famiglie italiane ha acquistato acqua minerale con una spesa media mensile di 19.5 euro. Inoltre gli italiani continuano a non avere troppa fiducia nei confronti dell’acqua del rubinetto: il 30% delle famiglie nel 2011 ha al suo interno uno o più componenti che non la bevono perché non si fidano.
I dati Istat non indagano sulle ragioni della diffidenza, come fa invece l’EPAL (Empresa Portuguesa das Águas Livres, società per azioni a capitale pubblico, di proprietà al 100% di AdP- Águas de Portugal) che nel suo rapporto annuale sull’indice di soddisfazione del cliente riporta come motivi: qualità/sapore (59.1%); preferenza per altra acqua (25%), mancanza di fiducia (4,5%), problemi di salute (4.5%), altri motivi (6,8%). C’è da dire però che la percentuale di utenti EPAL che bevono acqua del rubinetto è del 83,1%, un valore molto lontano dalle percentuali italiane.
Sarebbe interessante anche per l’Italia un’analisi comparativa delle ragioni che spingono a bere l’acqua in bottiglia piuttosto che quella del rubinetto e l’incidenza della scarsa/carente informazione sulla sua qualità. Lo studio Che cosa sappiamo dell’acqua che beviamo?, realizzato nel 2011 da Cittalia (fondazione Anci Ricerche) per conto di Coop Italia, dà un quadro di riferimento della disponibilità ed accessibilità dei dati sulla qualità dell’acqua presentati sui siti Internet di 184 gestori di acquedotti aderenti a Federutility e sui siti delle amministrazioni locali ai quali queste rimandano per la comunicazione al cittadino. Nella maggior parte dei casi analizzati le informazioni sulla qualità dell’acqua sono così limitate che i cittadini orientano le scelte di consumo sulla base di indicatori soggettivi (gusto, olfatto) piuttosto che sui dati relativi agli indicatori chimici e microbiologici. E Cernusco non fa eccezione.
Per contribuire a sanare questo deficit informativo il comitato Bene Comune Cernusco chiede da tempo a gestore locale ed amministrazione un protocollo procedurale condiviso regolativo dell’informazione sull’acqua distribuita dall’acquedotto locale (il piano per l’acqua). Tale esigenza è stata recepita ed è stato avviato nei mesi scorsi un confronto con CAP Holding ed amministrazione che ha portato alla definizione di un memorandum propositivo. Nell’ultimo incontro dello scorso 15 gennaio CAP Holding aveva presentato una proposta di lavoro, invitando le altre parti coinvolte a far pervenire osservazioni e rilievi entro il 30 gennaio.
Lo scorso 29 gennaio abbiamo inviato a CAP Holding ed amministrazione la nostra revisione della proposta: la Carta per l’acqua, un “quadro di azioni condiviso” dove ciascuna componente assume impegni definiti dalla funzione specifica che attiene all’ambito di appartenenza (istituzioni, gestore, cittadinanza), più vicino agli indirizzi concordati nel memorandum propositivo.
Nella Carta per l’acqua (e se la chiamassimo Carta di Cernusco?) abbiamo inserito i riferimenti valoriali all’acqua come bene comune ed al coinvolgimento delle comunità sull’informazione e gestione dei beni comuni. Fra le azioni positive da intraprendere, il monitoraggio della gestione del servizio idrico attraverso campagne di valutazione basate su indicatori della tipologia consumi idrici dei cittadini e del loro grado di soddisfazione negli confronti del servizio.
La proposta della Carta per l’acqua/Carta di Cernusco è partita dall’esigenza locale di sanare il deficit di informazione sull’acqua che è, però, un dato così comune a molti contesti da assumere valenza più generale, utile a coinvolgere realtà territorialmente più ampie. Con questo spirito ne abbiamo chiesto la valutazione alle associazioni del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ed alle altre associazioni che si occupano di beni comuni.
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