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# tu lo conosci il PLIS?

Il PLIS è il parco Est delle Cave: un parco speciale che fa da cuscino tra aree urbanizzate e dove, insieme alle profonde ferite delle cave, ci sono ecosistemi importanti che consentono di entrare in contatto con la natura, e nello stesso tempo testimonianze storiche ed architettoniche che narrano l’evoluzione del territorio e del paesaggio nel tempo.

I nostri itinerari intendono far conoscere il parco, perché conoscere è il primo passo per proteggere una risorsa preziosa ma poco tutelata e poco valorizzata

Fra terra e acqua: il primo appuntamento è per domenica 30 maggio alle 10.00: esploreremo la zona del Naviglio e di Cascina Gaggiolo, condividendone storia, informazioni sulla fauna locale e aspetti geologici. 

Ci ritroveremo lungo il Naviglio (via della Martesana), all’altezza del ponte pedonale dietro il centro sportivo. 

L’uscita durerà all’incirca 2 ore  e verrà svolta nel rispetto delle normative anti-covid (anche per questo i posti sono limitati!).

Per iscriverti invia una mail a benecomunecernusco@gmail.com  entro il 28 maggio.

Ti aspettiamo!

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Come arrivare:  il Naviglio è raggiungibile solo a piedi o in bicicletta 

Per chi arriva in auto:

– da Nord, può parcheggiare in via Buonarroti presso il centro sportivo e poi raggiungere il luogo d’incontro sulla sponda sinistra della Martesana, attraversando il ponte pedonale sul Naviglio presso la sede dell’associazione Canoa Fluviale Martesana

– da Sud: in fondo a via Melghera c’è un piccolo parcheggio, da lì a piedi si prosegue sul ponte della metropolitana sino al punto d’incontro sulla sponda sinistra del Naviglio.

#Cernuscotreetour: 3 – Il Cedro del Libano (Cedrus libani)

Ci vogliono ben 5 persone per abbracciare il cedro del Libano di Ronco! Il suo tronco ha una circonferenza di 6m e 80cm: un girovita di tutto rispetto, tra i più ampi di tutta la Città Metropolitana di Milano! Lo potete ammirare nel parco pubblico di Via Taverna, in tutti i suoi 27 metri di altezza. Scampato alla motosega all’inizio del secolo grazie a una raccolta firme degli abitanti della zona, vive con noi da circa 250 anni. Quello di Ronco è il più possente, ma non l’unico cedro del Libano a Cernusco: potete ammirarne altri, ad esempio, nel parco lungo il Naviglio vicino a Villa Alari (andando verso il parco dei Germani) o nel parco dell’ospedale Uboldo.

Per la loro sorprendente bellezza e maestosità, i Cedrus libani sono molto utilizzati nei parchi e nelle città e si può dire senza timore di sbagliare che ormai ce ne sono di più nei contesti urbani in giro per il mondo che nel loro luogo di origine, il Medio Oriente.

Un tempo i cedri erano diffusissimi nella zona dalla Turchia all’Iran. Le foreste libanesi erano quelle più estese, ma nel corso dei millenni furono a poco a poco depauperate: il legno dei cedri veniva utilizzato dai Fenici per la costruzione di navi e di edifici e fu impiegato per il Tempio e il trono di Re Salomone e per il Palazzo di Davide a Gerusalemme, la resina veniva invece largamente utilizzata dagli Egizi per l’imbalsamazione e per i sarcofagi. Vista la “comoda” collocazione geografica del Libano, queste conifere furono sfruttate anche da molti altri popoli, tra cui Greci, Romani, Babilonesi e Persiani. Foreste un tempo immense e rigogliose furono quasi completamente disboscate e mai più ricostituite. In Libano il cedro rimane nella bandiera nazionale e alcuni esemplari sopravvivono in un’area protetta, la Foresta dei Cedri di Dio ma oggi è la regione della catena montuosa del Tauro, in Turchia, la zona in cui l’albero è più diffuso.

In Europa il Cedrus libani è sbarcato nel 1683, in Italia il primo fu piantato nell’orto botanico di Pisa nel 1782 (l’esemplare è sopravvissuto fino al 1935).

È facilmente riconoscibile sia per l’aspetto maestoso sia per lo sviluppo tortuoso dei rami, che si innalzano verso l’alto assumendo una forma a candelabro. Gli esemplari giovani hanno una chioma piramidale mentre con l’età la pianta assume una forma a ombrello, con i rami che deviano verso una posizione orizzontale. È proprio questa forma che differenzia il Cedrus libani dal Cedro dell’Atlante e dal Cedrus deodara (o dell’Himalaya), che conservano invece la forma di cono.

Ma… attenzione! Il cedro che si trova vicino alla scuola Manzoni non ha la punta… ma è un Cedro deodara! Lo si capisce dagli aghi, più sottili e lunghi e dai rami penduli: evidentemente nel tempo la sua cima è stata tagliata per contenerne la crescita.

Il Cedrus libani, che non teme né freddo né siccità, è un campione di longevità: può vivere fino a 2.000 anni e arrivare fino a 40 metri di altezza. Raggiunge la maturità a circa 40 anni: possiamo capire che l’albero ha raggiunto gli “anta” dal fatto che inizia a produrre i suoi frutti, delle grosse pigne erette, con l’apice appiattito, da cui a fine estate originano i semi, simili a scaglie.

Avendo una forma policormica (con più fusti che si dipartono da un solo ceppo) il suo legno non è molto ricercato (viene oggi usato essenzialmente per gli strumenti musicali) ma sono vari gli impieghi in fitoterapia: le foglie e la corteccia, che contengono abbondante olio volatile, possono essere utilizzate a scopo balsamico e antisettico, il macerato glicemico viene invece usato per alcuni problemi della pelle.
L’olio essenziale è anche un buon repellente per gli insetti: versandone poche gocce su un materiale assorbente si può ottenere un utile sacchetto antitarme.

Uno dei principali nemici di questo gigante è un insetto minuscolo, l’afide (Cenara laportei) mentre uno dei suoi principali alleati è la coccinella, che di afidi si nutre: un altro buon motivo per amare questo piccolo coleottero a pallini!

(Gli alberi di Cernusco sono tanti e bellissimi: non perdere i prossimi numeri del #CernuscoTreeTour per conoscerli sempre meglio!).

Cedrus deodara (Himalaya)Cedrus libani (Libano)Cedrus atlantica (Atlante)
lunghezza aghipiù di 2.5 cmtra 0.8 e 2.5 cmtra 0.8 e 2.5 cm
Forma dei coni (pigne)appuntiti, tondeggiantiOvoidali, troncati, ma poco incavati all’apiceOvoidali, nettamente incavati all’apice
Orientamento dei ramigeneralmente orizzontaligeneralmente verso l’alto o decisamente ascendentigeneralmente verso l’alto o decisamente ascendenti
Direzione dei getti terminalipendulierettieretti
Densità della chiomarada/densadensarada
Forma della chiomapiramidaletabulare, spesso policormicapiramidale
Colore della chiomaverde cupoverde cupoverde glauco
Orientamento della cimainclinata (nido di cicogna)inclinata (nido di cicogna)eretta

#CernuscoTreeTour: 2 – Il Bagolaro (Celtis australis)

Uno ci fa compagnia mentre aspettiamo di entrare alle Poste di Via Pietro da Cernusco, altri ci accompagnano verso l’entrata del cimitero in Via Cavour, altri ancora ci fanno ombra mentre ci riposiamo nei giardini di Villa Greppi.
Tronco liscio e massiccio, chioma arrotondata e maestosa, alto mediamente fino a 25 metri, alcuni toccano anche i 30 metri, foglie ellittiche o lanceolate e seghettate ai margini, drupe (frutti) piccole e scure: di bagolari a Cernusco possiamo riconoscerne tantissimi.
I suoi nomi popolari ci raccontano molto di lui:

  • bagolaro” deriva da “bagola” che nei dialetti dell’Italia settentrionale significa “manico”: il suo legno, chiaro, molto resistente e facile da lavorare per la sua flessibilità, è da sempre usato per creare manici, bastoni da passeggio, mobili, attrezzi, carrozze, remi e altri manufatti sottoposti ad usura.
    Addirittura, per gli ingranaggi sommersi dei mulini ad acqua!
  • spaccasassi“, perché le sue radici sono talmente forti che riescono a sgretolare i sassi, facendosi largo nel terreno.
    Non ha problemi a crescere anche in terreni rocciosi o sui pendii e viene usato spesso per il consolidamento e il rimboschimento di terreni sassosi;
  • albero dei rosari“, perché i suoi semi un tempo venivano usati per i grani dei rosari (oltre che come munizioni per le cerbottane dei bambini!).

È rustico e resistente, ama gli spazi soleggiati e caldi ma è in grado di sopportare anche climi più rigidi, piogge e venti forti.
Per questo, per la sua capacità ombreggiante e ornamentale, per la sua funzione di barriera anti-inquinamento, per la sua resistenza ai parassiti e alle frequenti potature, è molto utilizzato nelle città.
Cresce molto lentamente ed è uno degli alberi più longevi: può vivere fino a 500 anni!

Ora i bagolari di Cernusco sono quasi a fine fioritura, ma forse non ve ne siete neanche accorti: per vedere le sue piccole infiorescenze giallo-verdi bisogna prestare un pò di attenzione!
Sono già visibili le piccole drupe, che maturano a fine estate: si tratta di piccoli frutti (sono drupe anche la ciliegia e la pesca) di circa 1 cm, con una buccia scura molto sottile e una polpa dal sapore dolciastro.
Eh sì, lo sapevate che sono commestibili?

Ne sono golosi gli uccelli, che in autunno si radunano per banchettare sui suoi rami, spargendo poi, con la digestione, i semi.
Noi umani ne ricaviamo invece confetture e liquori.
I regali che quest’albero ci fa non finiscono qui: i semi, se spremuti, danno un olio simile a quello delle mandorle dolci, mentre dalla corteccia e dalle radici viene estratto un colorante giallo per i tessuti di seta.
Infine, le foglie sono un ottimo foraggio.
Un’ultima curiosità: i suoi rami più alti ospitano spesso la Vanessa Antiopa (Nymphalis antiopa), un’elegante farfalla.

Hai suggerimenti o domande? Vuoi partecipare alle attività di Bene Comune Cernusco? Scrivici o commenta!

Un campo non vale l’altro

Un campo agricolo a fianco di un naviglio cinquecentesco è paesaggio. Paesaggio, tutelato dall’articolo 9 della Costituzione, che è bene comune. Un campo agricolo che ha mille anni è biodiversità, un campo da baseball ha zero biodiversità. Non dobbiamo farci trarre in inganno dalla parola campo. Un campo non vale l’altro.

Il professor Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, evidenzia quella che è prima di tutto una tragedia culturale: le scelte urbanistiche sono indirizzate da decisori politici ignoranti perché

non sanno gli effetti che producono le loro decisioni perché ignorano l’essenza delle risorse ambientali, il loro funzionamento e i benefici che generano o gli effetti negativi che producono. È grave quel che stanno facendo anche perché non colgono l’occasione per impostare una spiegazione ai cittadini facendoli crescere, ecologicamente parlando. È grave perché alla fine si specula sulla debolezza delle persone e si usa l’ignoranza della gente per continuare a non fare cose migliori.

Dobbiamo fare di più e meglio. Noi dobbiamo trasformare le aree dismesse in ospedali se di ospedali abbiamo bisogno. Dobbiamo far crescere campi da calcio e scuole sulle parti abbandonate delle nostre città. Questa è l’unica competizione che dobbiamo innescare. Qui deve lavorare la politica e per farlo deve capire, imparare, appassionarsi. So bene che è dura, che non si è mai fatto e che gli strumenti giuridici sono spuntati, ma so anche che se i politici non ne hanno voglia possono tornare a fare altro.

Il destino del campo del Gaggiolo dipende da noi. Oggi. La variante al PGT in discussione in questi giorni che vuole trasformarlo in un campo da baseball va respinta. E va respinta la narrazione mistificante per cui il campo da baseball farebbe “il bene dei nostri figli”, riducendo così il campo agricolo a merce di scambio, laddove è invece un bene comune, paesaggio che è parte dell’identità collettiva e della memoria storica della nostra comunità.

Un grazie di cuore a Paolo Pileri per le sue parole e a quanti vorranno difendere e conservare il campo del Gaggiolo. La vostra testimonianza è preziosa, lasciateci un selfie davanti al nostro striscione lungo il Naviglio della Martesana.

Vi invitiamo a leggere l’intero articolo di Paolo Pilieri Quando un campo da baseball fa male al suolo. E non tutti lo capiscono pubblicato su Altraeconomia.

Neo Cernuschesi: cambia il volto della città

La nostra società cambia velocemente, spesso senza che ce ne accorgiamo. Le cose sembrano immutabili e invece viviamo in un mondo in continua evoluzione. Cernusco sul Naviglio nell’immaginario collettivo è una cittadina con un peso di migranti o stranieri limitato, tutavia tale constatazione potrebbe essere solo una convinzione non basata su dati oggettivi.

Ad esempio se analizziamo i dati dei neo cernuschesi dal 15 ottobre 2014 al 31 ottobre 2015 possiamo vedere che il 20% dei neo residenti non ha nazionalità italiana: si tratta di una percentuale molto alta considerando che nello stesso periodo sono stati registrati nel nostro comune 1276 nuovi residenti, quindi circa il 3% della popolazione totale. Se andiamo a vedere la composizione di quel 20% una parte significativa è rappresentata da rumeni (4,47%), cinesi (2,98%) e ucraini (1,49%). Interessante anche osservare che circa il 30% di rumeni ed il 26% di cinesi arriva direttamente dal paese di origine.

Questi dati non ci danno un visione completa della realtà ma ci fanno capire che non è immutabile e deve essere osservata e studiata  per capire  dove andiamo e cosa dovremmo fare per prepararci al domani.

Neo Cernuschesi

*Fonte: assessorato alle Politiche Sociali e Famiglia. Ringraziamo l’assessora Silvia Ghezzi per averci messo a disposizione i dati.

L’incendio della guerra si può spegnere

aereoanticendioUn aereo antincendio. “Per spegnere gli incendi della guerra”.
Lo ha costruito Mattia con i suoi Lego e ce lo ha portato sabato mattina insieme agli aiuti messi insieme dalla sua mamma perché ha pensato che i profughi bambini in transito alla stazione di Milano hanno bisogno anche di giocare e sperare che un aereo possa spegnere la guerra da cui sono fuggiti con le loro famiglie.

A Cernusco la seconda raccolta di aiuti per i profughi della stazione di Milano si è svolta sabato 26 settembre organizzata da ACLI e Bene Comune Cernusco e, grazie alla generosità dei cernuschesi, sono stati raccolti più di dieci scatoloni di viveri e prodotti igienici consegnati la mattina seguente al centro profughi del sottopasso Mortirolo a Milano.
Sono arrivati in tantissimi, dal sindaco Eugenio Comincini al piccolo Mattia, in un continuo di mamme, papà, nonni, nonne, ragazzi, segno esplicito che le persone sono sempre migliori di quanto la cronaca ci racconti e che la generosità e disponibilità all’accoglienza sono più diffuse di quanto gli episodi di intolleranza e razzismo ci vogliano far credere.
Per molti di noi è l’unico modo per sentirsi utili in questi giorni in cui l’Europa sembra ripiombata indietro nel tempo con i profughi ammassati alle frontiere, in marcia lungo strade e ferrovie, in fuga su gommoni e barconi. Ma è anche un segnale netto rivolto a chi ha gli strumenti istituzionali e diplomatici per dire loro che occorre mettere in capo iniziative di buona volontà per trovare una soluzione al grande tema delle migrazioni, che non può più essere considerato un’emergenza ma una condizione strutturale di questi tempi.
La comunità cernuschese ha dimostrato grande generosità (agli aiuti si sono aggiunte iniziative di accoglienza diretta dei profughi – una promossa dall’amministrazione e l’altra dalla parrocchia – volte ad ospitare in due appartamenti alcuni profughi) e continua a chiederci di ripetere le occasioni di aiuto. Di più, ci interrogano su cosa ciascuno di noi può fare per le famiglie in transito, per i minori non accompagnati (che sono tantissimi ed i primi a finire vittime di situazioni tremende di sfruttamento), su come si possano concretamente offrire occasioni di accoglienza e/o lavoro, a come si possa parlare nelle scuole dei nostri bambini di profughi, migranti, povertà e guerra.
Noi volontari vogliamo continuare a raccogliere aiuti, ma è chiaro che ormai occorre anche rendere più strutturata la generosità e l’accoglienza attraverso il raccordo con ciò che le istituzioni possono fare. Il nostro appello è che Cernusco diventi la città dell’accoglienza grazie proprio alla collaborazione fra la sfera sociale e quella delle istituzioni. Noi ci siamo.

Ricominciamo dal suolo: note a margine

libro_pgt_cernusco2 Un libro da portare sotto braccio ai convegni e da tenere in bella evidenza sul tavolo. Ecco cosa resterà del Piano di Governo del Territorio  di Cernusco sul Naviglio.
Il bel libro sul PGT di Cernusco è infatti rimasto sul tavolo nell’incontro “Ricominciamo dal suolo” organizzato martedì 19 maggio dal nostro comitato Bene Comune Cernusco, insieme ad ACLI, ProLoco e WWF locali.

Il 2015 è l’anno del suolo e ci era sembrato importante proporre spunti di analisi e proposte su suolo e territorio proprio a Cernusco, città che con il suo PGT aveva scelto di ridurre la dissennata espansione urbanistica della città, ma che oggi è al centro del controverso progetto di espansione del centro commerciale Carosello a spese di un pezzo del parco degli Aironi.

Abbiamo così scelto di ripartire dai fondamentali – suolo e territorio, appunto – chiedendo a due docenti del Politecnico di Milano, Maria Agostina Cabiddu e Paolo Pileri – di aiutarci ad inquadrarli dal punto di vista della pianificazione ambientale e del diritto urbanistico, insieme ad un’interlocuzione con il sindaco di Cernusco Eugenio Comincini.

Il sindaco Comincini, nella sua presentazione, ha rivendicato la scelta di non aver voluto più considerare il suolo merce di scambio e di non usare più gli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente, laddove la legge 12/2005 aveva istituzionalizzato l’urbanistica contrattata.

Per Paolo Pileri  (professore associato di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano ed autore di Che cosa c’è sotto, Altreconomia) occorre non solo fermare la cementificazione, ma arrivare ad un’idea di rispetto dell’ambiente e della città. Suolo in tedesco si dice boden che vuol dire corpo, perché è proprio ciò che dà corpo a tutto ciò che c’è sopra. Ricorda i dati impressionanti di consumo di suolo – 70 ettari di suolo l’anno, 8 metri quadrati di suolo fertile al secondo – a causa dell’edilizia e della nuova viabilità, specie autostradale. E tutto questo su una scala che non è in relazione alla grandezza dei comuni coinvolti, anzi spesso sono proprio i comuni più piccoli a consumare percentualmente più suolo. Suggerisce quindi Pileri di ridurre la frammentazione amministrativa e di ridisegnare le competenza sull’uso del suolo. Segnala inoltre come le proteste dei cittadini stiano diventando più “fini”: hanno capito che il suolo è in relazione con il paesaggio che frequento e quindi il consumo di suolo ci riguarda direttamente dal momento che il suolo non è una commodity ma un commons. Anche perché i danni derivanti dal consumo del suolo incidono pesantemente sulla spesa pubblica. La capacità di negoziazione dei comuni in Italia ha margini stretti, laddove ad esempio a ‎Berlino‬ gli oneri di urbanizzazione incidono per circa il 30% del valore commerciale dell’immobile, mentre a ‪‎Milano‬ dal 4 all’8%. Ma soprattutto occorre ricordare che il suolo perduto, è perduto per sempre.

Maria Agostina Cabiddu (professore ordinario di diritto pubblico al Politecnico di Milano ed autrice de Il Governo del territorio, Laterza), è meno ottimista sugli effetti regolativi di una legge urbanistica nazionale rispetto alla frammentazione amministrativa, poiché dal progetto di riforma urbanistica del 1962, voluto dal ministro Fiorentino Sullo e dichiarato parzialmente illegittimo, siamo passati ad una legge ponte che a distanza di più di cinquanta anni non è stata ancora riformata. Nel frattempo molte cose sono cambiate e, rispetto ai concentrati interessi immobiliari del tempo, oggi che le proprietà sono sicuramente più diffuse, ci sarebbe la possibilità concreta di una revisione.
Cabiddu sottolinea come il territorio sia una nozione aperta, non limitata al solo ambito giuridico: il legame che sentono le persone con il territorio non ce lo dice il diritto, ma è una nozione più ampia che si riferisce ad una nuova forma di rapporto fra l’individuo ed il contesto ambientale che lo circonda e nel quale svolge la sua attività. Tale legame identitario e fondamentale connota piuttosto il bene territoriale, che non è legato alle categorie tradizionali della proprietà, del possesso e del domicilio, ma fa riferimento ad una serie di interessi immateriali caratterizzati dall’essere e sentirsi partedi un contesto fisico. Se c’è un bene comune, questo è il territorio, dice Cabiddu, ed è un bene inclusivo, capace cioè di fondare uno spazio sociale, comunità della quale si è parte e nella quale ci si riconosce.
Il governo del territorio non è solo edilizia ed urbanistica, ma è un punto di vista superiore che deve far convivere interessi diversi e l’esigenza di equilibrio fra la protezione delle cose e lo sfruttamento delle stesse in vista del benessere e del progresso economico e civile della comunità, deve fare da cerniera fra il momento conservativo e quello promozionale.

Con queste premesse argomentative era chiaro che il convitato di pietra della discussione sarebbe subito venuto fuori: infatti gli interventi del pubblico hanno chiesto conto al sindaco della contraddizione fra il progetto di ampliamento del centro commerciale Carosello ed il percorso sin qui seguito; hanno sottolineato come la forma urbana dei nostri giorni sia il risultato di scelte del passato e che le scelte di oggi avranno ripercussioni su quelle di domani. Fra le scelte del passato e quelle di oggi, però, è cambiata la nostra consapevolezza del senso del limite (le risorse naturali sono limitate e non riproducibili) e soprattutto la consapevolezza dei diritti legati agli ambiti collettivi, a quei beni il cui valore è dato dalla funzione e dall’uso che assolvono (ad esempio un parco) piuttosto che al loro valore di mercato.

Il sindaco Comincini nelle sue repliche, tutte tese a ricordare quanto di buono sia stato fatto sino a questo momento rispetto alla conservazione del territorio grazie al PGT ed all’allargamento della perimetrazione del PLIS Est delle Cave, ha liquidato come minoritarie e quindi non meritevoli di considerazione le istanze contrarie al progetto. Sul progetto di ampliamento del Carosello ha fatto riferimento all’acquisizione dei terreni ora privati lungo l’asse della Martesana che verrebbero a far parte del costituendo PLIS della Martesana grazie alla compensazione ambientale che prevede la cessione di quattro mq per mq di superficie costruita. Quanto agli spazi di partecipazione, ci sono quelli consentiti dalle normative rispetto al PGT e, dal momento che hanno visto una limitata attenzione da parte della popolazione, non meritano di essere sviluppati.

Si tratta di affermazioni gravi che denotano una concezione autoritaria del potere, dal momento che nelle democrazie evolute si fa riferimento anche alla condizione non maggioritaria – come ricordano Bobbio e Pettit – quando occorre fare scelte dove sono in gioco i principi e gli strumenti regolativi – quale è il PGT – o che riguardano beni comuni – quale è il parco degli Aironi – poiché sono ambiti preliminari e fondativi (beni territoriali) la cui modifica ha bisogno di procedure più complesse perché sia sottratta all’arbitrio della maggioranza di turno.
Emerge pure la subordinazione degli interessi pubblici rispetto a quelli privati, dal momento che il parco degli Aironi viene considerato un asset morto (una sponda di cava, citazione testuale) e così trasformato in una merce, facendogli perdere il valore legato alla funzione pubblica di parco che aveva assunto nel corso del tempo. Le precarie condizioni in cui oggi versa sono la colpevole conseguenza dell’omessa tutela del bene pubblico da parte delle amministrazioni che hanno portato alla sottrazione di uno spazio pubblico alla comunità, sottrazione che l’intervento di ripristino a totale cura del privato aggraverebbe.
Quanto all’istituto della compensazione ambientale, è importante sottolinearne gli elementi di discrezionalità che comporta se non inquadrato – prima degli interventi – all’interno di una pianificazione degli obiettivi di consumo di suolo e valutato rispetto a precisi indici ambientali. In questo caso inoltre, si verrebbe a produrre anche una significativa plusvalenza per le aree richieste per la compensazione che verrebbero acquistate da terzi (come abbiamo già sottolineato qui e qui).
L’altro elemento grave è considerare il PLIS Est delle Cave poco più che un perimetro tracciato sulla carta, piuttosto che un’occasione di innovazione rispetto alle tematiche ambientali e di partecipazione.

Con tatto, ma con franchezza, i relatori Cabiddu e Pileri hanno rilevato come a Cernusco si sia aperta una crepa rispetto agli indirizzi del passato e come nel processo decisionale conti anche la sua apertura alla possibilità della contestazione (modale o legata alla contro valutazione) e non solo che l’origine storica della decisione sia in una qualche forma di consenso, sia pur maggioritario.

Noi pensiamo che la crepa sia in realtà una voragine.

faglia1

La nostra proposta di delibera sull’acqua

Al Sindaco di Cernusco sul Naviglio
Al Consiglio Comunale

Il comitato Bene Comune Cernusco invita il consiglio comunale a farsi promotore di una carta comune di intenti sottoscritta da Amministrazione comunale, gestore del servizio idrico, associazioni e cittadini mirata ad una corretta informazione sulla qualità dell’acqua e buone pratiche per la sua tutela e conservazione.
Tale esigenza nasce per dare attuazione concreta al principio cardine di acqua come “bene comune”, bene di interesse collettivo, risorsa preziosa da difendere e da non sprecare.
CONSIDERATO:
Che “Il territorio di Cernusco presenta una media vulnerabilità dell’acquifero freatico”; e che “Occorre pertanto un’attenzione di tutela particolare per tutto il territorio per evitare pericolose contaminazioni soprattutto da interventi antropici di dispersione e/o maneggio di sostanze inquinanti” come si evince dallo Studio geologico a supporto del Piano di Governo del Territorio Che “La falda acquifera del nostro territorio comunale … presenta alcune criticità, che rendono necessario il ricorso a specifici trattamenti per garantire la potabilità dell’acqua erogata” come si dichiara sul portale del comune di Cernusco nella sezione dedicata a “La situazione dell’acqua potabile nella nostra città”.
Che nella relazione sul monitoraggio acqua potabile Comune di Cernusco sul Naviglio nell’anno 2011 della ASL MI2 si chiedeva riscontro all’amministrazione riguardo all’individuazione di punti di emungimento più sicuri dal punto di vista sanitario a seguito delle “numerose criticità qualitative già note e segnalate da tempo, e specificatamente all’inquinamento da Cromo” dovute a nuovi episodi di contaminazione della falda acquifera
Che la qualità delle acque dei pozzi per uso pubblico non è stata inserita negli Obiettivi strategici del DdP del PGT di Cernusco sul Naviglio;
Che la pubblicazione dei dati relativi alla qualità dell’acqua dei pozzi di Cernusco non risponde a criteri temporali certi;
PROPONE
Che il Consiglio Comunale, con apposita votazione, impegni l’Amministrazione a predisporre un dettagliato Piano per l’Acqua attraverso un protocollo di intenti sottoscritto da comune, associazioni e gestore articolato su più livelli:
• il piano di controllo sulla qualità,
• il piano della informazione e comunicazione nei confronti della cittadinanza,
• il piano delle azioni ove ciascuno dei soggetti coinvolti fa la sua parte e si impegna a collaborare con gli altri.;
L’obiettivo è stabilire procedure certe di trasmissione dei dati tra il gestore del servizio idrico e l’amministrazione, predisporre un’informazione corretta e trasparente nei confronti della cittadinanza, affiancate da attività di sensibilizzazione per un uso sicuro e responsabile dell’acqua, realizzare azioni concrete volte alla sua tutela e conservazione.
A questo riguardo occorre un progetto sinergico di azioni positive volte alla riduzione dei consumi, l’utilizzo dei pozzi di prima falda e la realizzazione di una rete per il riutilizzo delle acque reflue per gli usi non domestici, alla programmazione, predisposizione e divulgazione di specifiche campagne informative.
Si tratta di obiettivi importanti verso i quali chiediamo l’impegno dell’amministrazione, del gestore del servizio come pure l’aiuto di tutti cittadini e le associazioni della città. Perché l’acqua è un bene comune, non solo per noi, ma per quelli che verranno dopo di noi.

protocollata il 21 maggio 2013

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