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21 novembre: giornata internazionale degli alberi

Il cuore dell’albero

Che cosa pianta colui che pianta un albero?
Pianta un amico per il cielo e il sole;
pianta la bandiera libera dei venti;
lo stelo della bellezza, dominante su tutto.
Pianta una casa accanto al cielo
per i canti e le ninna nanne degli uccelli
al crepuscolo lieto e sereno,
il canto dell’armonia del paradiso,
ecco cosa pianta colui che pianta un albero.
Che cosa pianta colui che pianta un albero?
Pianta ombra fresca e tenera pioggia,
e i semi e germogli dei giorni che verranno,
e anni che sfumano e volano ancora;
pianta la gloria della pianura;
pianta l’eredità della foresta;
i frutti del tempo che verrà;
la gioia che vedranno occhi non ancora nati…
Ecco cosa pianta colui che pianta un albero.
Che cosa pianta colui che pianta un albero?
Pianta, con linfa, foglie e legno,
con amore per la casa e la fedeltà
e pensieri lungimiranti per il bene civico,
la sua benedizione sul vicinato
che nel cavo della sua mano
trattiene il bene di tutta la terra,
la crescita di una nazione da un mare all’altro
è nel cuore di colui che pianta un albero.

(Henry Cuyler Bunner)

5 giugno: giornata dell’ambiente

Oggi è la Giornata Mondiale dell’Ambiente: la celebriamo dedicando questo video alle risorse naturali del nostro territorio e a tutti coloro che se ne prendono cura.
Tutte le fotografie sono state scattate a Cernusco e dintorni e provano a trasmettere la bellezza dell’ambiente che ci circonda… vi siete mai soffermati ad ammirarla?
Purtroppo però consumo di suolo, inquinamento, scelte poco lungimiranti stanno velocemente compromettendo il fragile equilibrio su cui questa bellezza si regge.
Per evitarlo servono azioni concrete da parte di ognuno di noi, tutti i giorni, non solo oggi.
Vuoi essere al nostro fianco? Scrivici a benecomunecernusco@gmail.com

Foto di Federico Belloni e Claudia Galas

#tuloconosciilPLIS? – 2° uscita

Dopo il successo della prima uscita, eccoci pronti per la seconda:
bosco del Fontanone e Parco INCREA.

Il PLIS è il parco Est delle Cave: un parco speciale che fa da cuscino tra aree urbanizzate e dove, insieme alle profonde ferite delle cave, ci sono ecosistemi importanti che consentono di entrare in contatto con la natura, e nello stesso tempo testimonianze storiche ed architettoniche che narrano l’evoluzione del territorio e del paesaggio nel tempo.

I nostri itinerari intendono far conoscere il parco, perché conoscere è il primo passo per proteggere una risorsa preziosa ma poco tutelata e poco valorizzata

In questo secondo itinerario, ci immergeremo nel bosco del Fontanone, piccolo campione dell’ambiente che un tempo ricopriva gran parte della pianura Padana. Entreremo poi nel Parco INCREA, un esempio di come le cave dismesse possono essere recuperate e restituite all’uso della cittadinanza, valorizzando risorse naturali e rispetto dell’ambiente.

Il ritrovo è per le ore 10:00 presso la rotonda di via Fontanile – via Falcone e Borsellino, proprio all’ingresso del bosco.

L’uscita durerà all’incirca 2 ore  e verrà svolta nel rispetto delle normative anti-covid (anche per questo i posti sono limitati!).

Per iscriverti invia una mail a benecomunecernusco@gmail.com  entro il 4 giugno.

Ti aspettiamo!

#Cernuscotreetour: 3 – Il Cedro del Libano (Cedrus libani)

Ci vogliono ben 5 persone per abbracciare il cedro del Libano di Ronco! Il suo tronco ha una circonferenza di 6m e 80cm: un girovita di tutto rispetto, tra i più ampi di tutta la Città Metropolitana di Milano! Lo potete ammirare nel parco pubblico di Via Taverna, in tutti i suoi 27 metri di altezza. Scampato alla motosega all’inizio del secolo grazie a una raccolta firme degli abitanti della zona, vive con noi da circa 250 anni. Quello di Ronco è il più possente, ma non l’unico cedro del Libano a Cernusco: potete ammirarne altri, ad esempio, nel parco lungo il Naviglio vicino a Villa Alari (andando verso il parco dei Germani) o nel parco dell’ospedale Uboldo.

Per la loro sorprendente bellezza e maestosità, i Cedrus libani sono molto utilizzati nei parchi e nelle città e si può dire senza timore di sbagliare che ormai ce ne sono di più nei contesti urbani in giro per il mondo che nel loro luogo di origine, il Medio Oriente.

Un tempo i cedri erano diffusissimi nella zona dalla Turchia all’Iran. Le foreste libanesi erano quelle più estese, ma nel corso dei millenni furono a poco a poco depauperate: il legno dei cedri veniva utilizzato dai Fenici per la costruzione di navi e di edifici e fu impiegato per il Tempio e il trono di Re Salomone e per il Palazzo di Davide a Gerusalemme, la resina veniva invece largamente utilizzata dagli Egizi per l’imbalsamazione e per i sarcofagi. Vista la “comoda” collocazione geografica del Libano, queste conifere furono sfruttate anche da molti altri popoli, tra cui Greci, Romani, Babilonesi e Persiani. Foreste un tempo immense e rigogliose furono quasi completamente disboscate e mai più ricostituite. In Libano il cedro rimane nella bandiera nazionale e alcuni esemplari sopravvivono in un’area protetta, la Foresta dei Cedri di Dio ma oggi è la regione della catena montuosa del Tauro, in Turchia, la zona in cui l’albero è più diffuso.

In Europa il Cedrus libani è sbarcato nel 1683, in Italia il primo fu piantato nell’orto botanico di Pisa nel 1782 (l’esemplare è sopravvissuto fino al 1935).

È facilmente riconoscibile sia per l’aspetto maestoso sia per lo sviluppo tortuoso dei rami, che si innalzano verso l’alto assumendo una forma a candelabro. Gli esemplari giovani hanno una chioma piramidale mentre con l’età la pianta assume una forma a ombrello, con i rami che deviano verso una posizione orizzontale. È proprio questa forma che differenzia il Cedrus libani dal Cedro dell’Atlante e dal Cedrus deodara (o dell’Himalaya), che conservano invece la forma di cono.

Ma… attenzione! Il cedro che si trova vicino alla scuola Manzoni non ha la punta… ma è un Cedro deodara! Lo si capisce dagli aghi, più sottili e lunghi e dai rami penduli: evidentemente nel tempo la sua cima è stata tagliata per contenerne la crescita.

Il Cedrus libani, che non teme né freddo né siccità, è un campione di longevità: può vivere fino a 2.000 anni e arrivare fino a 40 metri di altezza. Raggiunge la maturità a circa 40 anni: possiamo capire che l’albero ha raggiunto gli “anta” dal fatto che inizia a produrre i suoi frutti, delle grosse pigne erette, con l’apice appiattito, da cui a fine estate originano i semi, simili a scaglie.

Avendo una forma policormica (con più fusti che si dipartono da un solo ceppo) il suo legno non è molto ricercato (viene oggi usato essenzialmente per gli strumenti musicali) ma sono vari gli impieghi in fitoterapia: le foglie e la corteccia, che contengono abbondante olio volatile, possono essere utilizzate a scopo balsamico e antisettico, il macerato glicemico viene invece usato per alcuni problemi della pelle.
L’olio essenziale è anche un buon repellente per gli insetti: versandone poche gocce su un materiale assorbente si può ottenere un utile sacchetto antitarme.

Uno dei principali nemici di questo gigante è un insetto minuscolo, l’afide (Cenara laportei) mentre uno dei suoi principali alleati è la coccinella, che di afidi si nutre: un altro buon motivo per amare questo piccolo coleottero a pallini!

(Gli alberi di Cernusco sono tanti e bellissimi: non perdere i prossimi numeri del #CernuscoTreeTour per conoscerli sempre meglio!).

Cedrus deodara (Himalaya)Cedrus libani (Libano)Cedrus atlantica (Atlante)
lunghezza aghipiù di 2.5 cmtra 0.8 e 2.5 cmtra 0.8 e 2.5 cm
Forma dei coni (pigne)appuntiti, tondeggiantiOvoidali, troncati, ma poco incavati all’apiceOvoidali, nettamente incavati all’apice
Orientamento dei ramigeneralmente orizzontaligeneralmente verso l’alto o decisamente ascendentigeneralmente verso l’alto o decisamente ascendenti
Direzione dei getti terminalipendulierettieretti
Densità della chiomarada/densadensarada
Forma della chiomapiramidaletabulare, spesso policormicapiramidale
Colore della chiomaverde cupoverde cupoverde glauco
Orientamento della cimainclinata (nido di cicogna)inclinata (nido di cicogna)eretta

#occhiaperti: il PGT ha detto stop!

Uno degli elementi cardine di ogni Piano di Governo del Territorio è la stima del numero di “abitanti teorici” attesi a fine piano come risultato dell’attuazione degli interventi immobiliari previsti.
E’ un numero molto importante: questo dato è collegato ai servizi pubblici che andranno rafforzati (es. con la costruzione di nuove scuole) in proporzione ai nuovi abitanti, al nuovo terziario che si potrà insediare e alla quantità di territorio che verrà impattato.

Nel grafico proviamo a confrontare la previsione del PGT del 2010 relativa agli abitanti di Cernusco con l’andamento demografico reale al 2019.

A fine 2019 (dato ISTAT) il numero di abitanti di Cernusco superava di 1.904 unità quanto stimato dal PGT: la previsione era di 32.294 abitanti, ma siamo arrivati a 34.828 residenti, vale a dire che c’è stato un impatto demografico pari quasi al doppio di quello previsto.

Le nuove costruzioni hanno portato a Cernusco un numero eccessivo di persone, e continueranno a portarne: si affacciano infatti all’orizzonte ulteriori importanti interventi immobiliari, come quello di Via Bassano/Cevedale che il Comune si avvia ad autorizzare invece di conservare una delle poche aree verdi libere rimaste.

L’ultimo Rapporto sul Consumo del Suolo di ISPRA (dati 2019) rileva a Cernusco il 47,7% di urbanizzazione, valore che ci vale il 110° posto in Italia su più di 7.000 Comuni per maggiore cementificazione!
E anche limitando l’osservazione alla zona Adda-Martesana le cose non vanno meglio: l’indice medio di urbanizzazione per la zona è 33,9%, noi lo superiamo di circa 12 punti percentuali.

Ancora più critica la situazione se si prendono i dati sull’indice di consumo di suolo elaborati dalla provincia di Milano proprio sui valori dei PGT nel 2012: per Cernusco si arriva al 67,42%. Dopo quasi dieci anni sarebbe interessante e, temiamo, inquietante, conoscere a che percentuali siamo arrivati.

In ogni caso, non è possibile prevedere un ulteriore aumento della popolazione a spese delle risorse ambientali, che non sono infinite. Occorre una riflessione profonda e condivisa fra Amministrazione e cittadini sul futuro di Cernusco: una città dove a influenzare le decisioni strategiche sono gli interessi di pochi o dove la priorità è il bene comune?

Per saperne di più:

ISPRAhttps://www.snpambiente.it/2020/07/22/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici-edizione-2020/

PGT – Rapporto ambientale https://comune.cernuscosulnaviglio.mi.it/wp-content/uploads/2019/09/Rapporto-ambientale-1.pdf

Leggi anche la nostra proposta al Consiglio Comunale per il coinvolgimento dei cittadini nell’elaborazione del nuovo PGT https://www.benecomunecernusco.it/wordpress/2021/02/19/pgt-aaa-amministrazione-coraggiosa-cercasi/

… a riveder le stelle

Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia

I famosi versi di William Shakespeare con cui Amleto si rivolge all’amico evidenziando la difficoltà di conoscere misteri dell’universo e delle cose di questo mondo ben si addice alla vicenda venuta di nuovo alla ribalta grazie alla mozione presentata in consiglio comunale dal consigliere del Pd Daniele Mandrini, che impegna l’Amministrazione ad intervenire per risolvere il problema dell’osservatorio astronomico che non riesce quasi più a vedere il cielo perché la sua visuale è coperta dagli alberi.
Dunque, stelle contro alberi in una battaglia che vede contrapposta l’osservazione delle stelle alla tutela delle piante?
Abbiamo voluto capire meglio come stessero le cose ed abbiamo chiesto un confronto con gli astrofili, da cui è emerso che la vicenda è complessa e coinvolge molti aspetti.

In primo luogo si tratta di un problema che si trascina da molti anni, conseguenza della scelta di inserire l’osservatorio astronomico nel contesto del Naviglio Martesana in un’area ove era stato realizzato un rimboschimento; nel corso del tempo gli alberi sono cresciuti così tanto da limitare pesantemente la visuale dell’osservatorio che ora ha a disposizione solo una esigua porzione di cielo libero sulla sua verticale, tutto il resto è mascherato da rami e fronde.

Gli astrofili ci hanno segnalato anche un difetto di gestione del bosco, lasciato privo di manutenzione, tanto che ci sono frequenti cadute di rami, ma pure errori nella pianificazione iniziale dell’area, ove una piantumazione troppo ravvicinata ha prodotto alberi con un notevole sviluppo in altezza o laterale in cerca della luce, spesso con una stabilità compromessa.
La visuale ristretta limita l’osservazione degli astri e dunque la possibilità di esperienze dirette con il telescopio, e non è la prima volta che l’amministrazione comunale viene investita di questo problema. La mozione, presentata nel marzo scorso ed approvata all’unanimità dal consiglio comunale, impegna l’amministrazione a valutare tutte le ipotesi possibili per risolvere il problema e, tra queste, anche l’abbattimento delle piante.

Dal nostro confronto con gli astrofili non è emersa una difesa della possibilità di osservare le stelle a spese degli alberi, ma una più generale richiesta di rivalutazione e riprogettazione del contesto ambientale: chiedono che intorno all’osservatorio venga creata una fascia di rispetto costituita da piante di altezze non superiori ai 10-12 mt, mantenendo quindi il resto del bosco su cui però andrebbe effettuata manutenzione periodica. Infine, ma non ultimo, segnalano il tema dell’inquinamento luminoso, elemento questo ulteriormente penalizzante e troppo spesso dimenticato nello sviluppo urbanistico.

Sicuramente la gestione del verde urbano è un aspetto dolente: la cattiva o addirittura assente manutenzione è un problema che si ritrova anche in altre importanti aree verdi della città (es. parco degli Aironi, parco del Fontanone) e ne limita la fruibilità ed il valore naturalistico.

Sembra però assente anche una visione culturale che riconosca gli ambiti utili allo sviluppo della conoscenza nella nostra comunità, dall’osservatorio scientifico alla stazione meteorologica, nella consapevolezza che, come ricorda la premio Nobel Elinor Ostrom, «la conoscenza deriva dalle informazioni come le informazioni derivano dai dati».
E dunque i dati che derivano dalle osservazioni scientifiche sono un patrimonio immateriale che costituisce un bene comune, importante tanto quanto se non maggiore di un’infrastruttura sportiva.
Eppure come gli astrofili aspettano da anni una soluzione al loro problema di schermatura della visuale, anche noi aspettiamo la convezione per il ripristino della stazione meteorologica.

Sino a quando dovremo aspettare?
Non è ora il momento per mettere in campo una pianificazione che valorizzi la conoscenza ed il confronto fra ambiti, utile a trovare le soluzioni a somma positiva, ove un intervento su una realtà non sia fatto a spese di un’altra, ma dove tutti ci guadagnano?
E dove possa intervenire il contributo dei cittadini e dell’associazionismo organizzato?

Noi pensiamo che sia possibile e ci faremo promotori di una proposta che possa trasformare l’area dell’osservatorio in un polo di ricerca e sperimentazione.

#CernuscoTreeTour: 2 – Il Bagolaro (Celtis australis)

Uno ci fa compagnia mentre aspettiamo di entrare alle Poste di Via Pietro da Cernusco, altri ci accompagnano verso l’entrata del cimitero in Via Cavour, altri ancora ci fanno ombra mentre ci riposiamo nei giardini di Villa Greppi.
Tronco liscio e massiccio, chioma arrotondata e maestosa, alto mediamente fino a 25 metri, alcuni toccano anche i 30 metri, foglie ellittiche o lanceolate e seghettate ai margini, drupe (frutti) piccole e scure: di bagolari a Cernusco possiamo riconoscerne tantissimi.
I suoi nomi popolari ci raccontano molto di lui:

  • bagolaro” deriva da “bagola” che nei dialetti dell’Italia settentrionale significa “manico”: il suo legno, chiaro, molto resistente e facile da lavorare per la sua flessibilità, è da sempre usato per creare manici, bastoni da passeggio, mobili, attrezzi, carrozze, remi e altri manufatti sottoposti ad usura.
    Addirittura, per gli ingranaggi sommersi dei mulini ad acqua!
  • spaccasassi“, perché le sue radici sono talmente forti che riescono a sgretolare i sassi, facendosi largo nel terreno.
    Non ha problemi a crescere anche in terreni rocciosi o sui pendii e viene usato spesso per il consolidamento e il rimboschimento di terreni sassosi;
  • albero dei rosari“, perché i suoi semi un tempo venivano usati per i grani dei rosari (oltre che come munizioni per le cerbottane dei bambini!).

È rustico e resistente, ama gli spazi soleggiati e caldi ma è in grado di sopportare anche climi più rigidi, piogge e venti forti.
Per questo, per la sua capacità ombreggiante e ornamentale, per la sua funzione di barriera anti-inquinamento, per la sua resistenza ai parassiti e alle frequenti potature, è molto utilizzato nelle città.
Cresce molto lentamente ed è uno degli alberi più longevi: può vivere fino a 500 anni!

Ora i bagolari di Cernusco sono quasi a fine fioritura, ma forse non ve ne siete neanche accorti: per vedere le sue piccole infiorescenze giallo-verdi bisogna prestare un pò di attenzione!
Sono già visibili le piccole drupe, che maturano a fine estate: si tratta di piccoli frutti (sono drupe anche la ciliegia e la pesca) di circa 1 cm, con una buccia scura molto sottile e una polpa dal sapore dolciastro.
Eh sì, lo sapevate che sono commestibili?

Ne sono golosi gli uccelli, che in autunno si radunano per banchettare sui suoi rami, spargendo poi, con la digestione, i semi.
Noi umani ne ricaviamo invece confetture e liquori.
I regali che quest’albero ci fa non finiscono qui: i semi, se spremuti, danno un olio simile a quello delle mandorle dolci, mentre dalla corteccia e dalle radici viene estratto un colorante giallo per i tessuti di seta.
Infine, le foglie sono un ottimo foraggio.
Un’ultima curiosità: i suoi rami più alti ospitano spesso la Vanessa Antiopa (Nymphalis antiopa), un’elegante farfalla.

Hai suggerimenti o domande? Vuoi partecipare alle attività di Bene Comune Cernusco? Scrivici o commenta!

Una strage nascosta

Sagome di uccelli applicate su finestre

Gli uccelli nei loro habitat sono perfettamente in grado di evitare in volo gli ostacoli, tuttavia i vetri degli edifici (ma non solo) rappresentano per loro una duplice fonte di pericolo in quanto trasparenti e riflettenti.
Nel primo caso, l’uccello può vedere l’albero dietro la lastra di vetro ma non riuscire a percepire la presenza dell’ostacolo in mezzo, nel secondo caso invece, l’uccello vede il riflesso dell’ambiente circostante (cielo, alberi, ecc.) oppure vedendo la sua stessa immagine riflessa, ha l’istinto di attaccarla.
Quest’ultimo caso tuttavia, avviene maggiormente in primavera che coincide con il periodo di riproduzione quando gli individui mostrano una maggiore territorialità.
Per farvi capire quanto non sia un problema da sottovalutare, prendiamo in considerazione qualche dato:

  • secondo uno studio del 2014, circa 1 miliardo di uccelli muore in questo modo negli Stati Uniti (Loss et al. 2014);
  • sempre negli Stati Uniti, il 50% di questi uccelli muore in seguito all’impatto con finestre di case e appartamenti;
  • in Italia, alcuni studi effettuati lungo strade e autostrade, hanno stimato una mortalità superiore di 800 uccelli all’anno, per ogni chilometro di strada! (Galuppo e Borgo 2006; Capitani et al. 2007; Costa 2012; Campedelli et al. 2014).

Ma esistono delle soluzioni a questo problema? Certamente!
Sono tante, a costi estremamente moderati e sono anche semplicissime da applicare:

  • soluzioni a strisce orizzontali (veneziane);
  • soluzioni a strisce verticali (tende e/o lamelle);
  • i cosidetti “dot pattern”, ovvero delle trame a punti da applicare sul vetro;
  • zanzariere;
  • tende;
  • adesivi di varie forme e dimensioni;
  • adesivi quasi invisibili all’occhio umano e al contrario ben visibili agli uccelli.

E cosa possiamo fare se l’uccello fortunatamente non muore immediatamente in seguito all’impatto?
Prima di fare qualsiasi altra cosa, chiamare un CRAS (Centro di Recupero Animali Selvatici) o un CRFS (Centro Recupero Fauna Selvatica).
Per la provincia di Milano (nello specifico ad Est), abbiamo tre contatti disponibili:

  • CRAS WWF Vanzago;
  • CRFS LIPU Milano;
  • ENPA Monza e Brianza.

Loro saranno perfettamente in grado di consigliarvi cosa fare e come farlo, in attesa dell’eventuale recupero dell’animale.
Ricordiamo infatti che, oltre ad essere illegale gestire e detenere un animale selvatico senza un permesso, le nostre azioni per quanto fatte con le migliori intenzioni, possono rivelarsi più dannose del previsto.

Per concludere, proviamo un attimo a metterci nei panni degli uccelli con questo video in cui nei primi secondi vediamo quello che vedono loro (visione stereoscopica(*) limitata) e mano a mano quello che invece vediamo noi (visione stereoscopica elevata):

(*) : campo visivo coperto da entrambi gli occhi.

Abbiamo voluto approfondire l’argomento perchè anche qui a Cernusco ci sono costruzioni con vetrate che sono pericolose per i volatili.
In particolare, più di una volta abbiamo visto uccelli schiantati contro le vetrate della palestra dell’oratorio Paolo VI. Abbiamo già avvisato chi di dovere e ci siamo resi disponibili per applicare le opportune sagome anti collisione.
Vi aggiorneremo sugli sviluppi

#CernuscoTreeTour: 1 – Il Salice

Passeggiando lungo il nostro Naviglio è impossibile non notare e riconoscere le chiome verde brillante di questo splendido albero, con i lunghi rami penduli che spesso intinge in acqua.

Arrivati dall’oriente (dalla Cina, percorrendo la Via della Seta), i salici a Cernusco sono numerosi: il Naviglio risponde infatti all’identikit del loro habitat ideale, vale a dire le zone umide vicine all’acqua, soleggiate o in mezz’ombra. Sopportano molto bene il freddo e non temono le gelate, d’inverno perdono le foglie e ricoprono la propria corteccia con una specie di cera che la rende impermeabile e protegge l’albero dalla disidratazione.

I salici sono una specie “dioica”: i fiori (detti “amenti”) maschili e femminili si trovano su esemplari diversi. In primavera è una delle prime piante a fiorire: di questo ringraziano le api che possono così disporre, alla ripresa del periodo produttivo, di un’importantissima fonte di sostentamento.

Oltre a questa funzione fondamentale e al loro valore decorativo, nei secoli i salici sono venuti in aiuto dell’umanità in vari modi: i loro rami lunghi e flessibili sono ideali per fabbricare ceste, sedie, canne da pesca o come legacci in agricoltura, i celti usavano il loro legno per costruire strumenti musicali, non si contano le poesie e le opere d’arte ispirate alla loro forma… Ma forse non tutti sanno che nella corteccia del salice si trova la salicina, molecola alla base dell’acido acetilsalicilico, il principio attivo dell’Aspirina! Fu un vicario inglese a scoprirla nel 1763, quando somministrò ai suoi pazienti della corteccia di salice essiccata, ottenendo significativi miglioramenti.

Il salice è uno degli alberi più facili da moltiplicare: le sue talee attecchiscono facilmente, aiutate eventualmente da un po’ di ormoni radicanti. Ma facciamo attenzione: bisogna evitare di piantarli vicino alle abitazioni, visto che con il tempo le loro radici sono in grado di danneggiare muri e tubature. Se disponiamo di un posto adatto a loro, ricordiamoci che necessitano di annaffiature costanti e regolari e che temono molto la siccità.

Restrizioni Covid permettendo, i salici vi aspettano lungo il Naviglio per farsi conoscere!

Hai suggerimenti o domande? Vuoi partecipare alle attività di Bene Comune Cernusco? Scrivici o commenta!

#Cheariatira: facciamo il punto

Figura 1 – PM2.5 del 9 Marzo 2021 (media oraria)

Dopo alcuni mesi di osservazioni delle misure raccolte dalle nostre centraline, cominciamo ad avere un’idea di quali fattori influenzino maggiormente il livello di inquinamento dell’atmosfera in cui siamo immersi.
Diciamo subito che ci siamo abituati ad un unico valore giornaliero come misura del livello di polveri sottili, quello comunicato da ARPA per ogni comune lombardo.
In realtà, quel numero non è altro che il valore medio, nelle 24 ore, di inquinamento per ciascun parametro osservato. Ma se misuriamo quel valore su di un intervallo temporale più piccolo, ad esempio un’ora o un quarto d’ora, potremmo vedere che l’andamento è molto variabile, in funzione di molti fattori che ne influenzano l’entità.
Nell’immagine qui sopra (Figura 1) – ad esempio – si vede la concentrazione di PM2.5 tra l’otto ed il nove marzo: ogni valore rappresenta la media dei valori nell’ora precedente (media mobile oraria). ARPA, invece, alla fine di ogni giornata, fornisce un unico valore numerico (Figura 2), cioè il valore medio di questo andamento altalenante, che però non è in grado di farci vedere la variabilità nelle varie ore del giorno.

Figura 2 – Le misure di PM2.5 comunicate da ARPA per i giorni indicati


La prima osservazione da fare, guardando le misure di questi mesi invernali, è che l’andamento giornaliero è più o meno sempre fatto in questo modo: c’è un massimo notturno, vicino o poco dopo la mezzanotte, una successiva discesa che dura circa 12 – 14 ore fino al pomeriggio, una risalita un po’ più veloce che dura 8 – 10 ore nel corso della sera per tornare al massimo notturno.

Qual è il motivo di queste variazioni? Non lo sappiamo, naturalmente, anche se pensiamo di poter escludere alcune ragioni e di poterne ipotizzarne altre.
Innanzi tutto, non sembra esserci grande correlazione con le variazioni di temperatura e umidità. In Figura 3 si vedono gli andamenti istantanei sincronizzati nel tempo di PM2.5, PM10 (in alto) e temperatura e umidità relativa (in basso).

Figura 3 – Misure di PM2.5, PM10, Temperatura e Umidità relativa per la stessa giornata (8-9 marzo)

Come si vede, non c’è contemporaneità nelle inversioni di tendenza, quindi pensiamo di poter escludere, almeno in prima istanza, l’influenza di temperatura e umidità sulle misure di PM fatte dallo strumento.
Di conseguenza, dobbiamo supporre che le variazioni mostrate sono effettive, pur dipendendo da vari fattori, e che le misure non vengono falsate da condizioni esterne quali umidità o temperatura ambiente. E quindi?

Come vedremo più in dettaglio tra poco, le misure di concentrazione delle polveri sottili dipendono molto dalle condizioni atmosferiche, o meglio, dal movimento dell’aria: più forte è la velocità del vento, più scendono gli inquinanti. L’ipotesi che ci sembra più ragionevole, quindi, è che, in assenza di vento significativo, i piccoli moti atmosferici attivati dalla radiazione solare diurna, comportano un ricambio d’aria soprattutto nei bassi strati, a contatto con il suolo, spingendo in alto l’aria “sporca” e portando verso il basso aria pulita. Al calar del sole ed al diminuire della mobilità dell’aria avvicinandosi la sera, viene meno questo ricambio e di conseguenza aumentano le concentrazioni di PM generate dall’attività antropica (soprattutto traffico e riscaldamento) che raggiunge quindi il suo massimo all’inizio della notte, per poi scendere lentamente nelle ore successive e più velocemente al riprendere dei piccoli moti ascensionali diurni appena descritti.
Questa è la nostra ipotesi più fondata, ma se ci fossero altre idee, saremmo lieti di prenderle in considerazione e confrontarci.
Come abbiamo accennato sopra, una seconda osservazione viene dalla presenza o meno del vento: come è facile intuire, più forte è il vento, più gli inquinanti vengono dispersi e quindi si abbassano. Giornate ventose o perturbate, sono generalmente giornate di aria pulita e appena ritorna la calma, l’inquinamento riprende a salire.
Un aspetto interessante, che siamo riusciti a cogliere con le nostre misure, è che a volte si verificano delle micro-irruzioni di aria pulita portata da correnti discensionali, che durano poco, ma riescono in pochi minuti ad azzerare gli inquinanti. Siamo riusciti a “catturarne” alcune, durante il mese di gennaio.
La più evidente si è verificata il 24 gennaio e di questa mostriamo qui le misure raccolte quel giorno (Figura 4).

Figura 4 – PM2.5, PM10, Temperatura e Umidità relativa del 24 gennaio 2021

Attorno alle ore 15, il livello degli inquinanti, che era appena superiore a 50 µg/m3, ha subito una repentina diminuzione, arrivando a zero per un paio d’ore, risalendo poi nel corso della sera ai valori precedenti. Ma cosa è successo?
Una possibile spiegazione può venire dall’osservazione delle variabili meteorologiche i cui valori sono stati misurati dalla centralina del Centro Meteo Lombardo di Vimodrone (la più vicina a noi, ma altre nella zona hanno riportato lo stesso andamento). In Figura 5, si vede come proprio attorno alle 15 ci sia stato un impulso di vento, passato da 0 a 12 km/h per pochissimi minuti, provenendo da nord e portando ad un abbassamento dell’umidita relativa da 90 a 20%.
Si è trattato quindi di un improvviso ricambio d’aria, della durata di qualche decina di minuti, che ha completamente ripulito gli strati bassi dell’atmosfera. Il tutto poi è tornato lentamente ai valori precedenti per tutti i parametri considerati.
Per il giorno 24 gennaio, ARPA ha comunicato un unico valore di PM10 = 19 µg/m3, che naturalmente non dice niente di quello che è successo in realtà in quella giornata.

Figura 5 – Misurazioni meteo a Vimodrone – 24 gennaio 2021

Da queste semplici considerazioni crediamo appaia evidente l’importanza di raccogliere informazioni ambientali puntuali, legate a territori circoscritti e con adeguata scala temporale, per monitorare i fenomeni locali e limitati nel tempo, anche attraverso reti di misura semplici ed economiche, purché affidabili.

Aggiungiamo in ultimo che nei giorni scorsi siamo stati contattati da alcuni cittadini, anche residenti in comuni diversi dal nostro, che ci chiedevano informazioni e istruzioni per posizionare dei nuovi sensori a basso costo nel loro territorio. Crediamo sia questo il risultato più importante della nostra campagna di misure: far capire l’importanza di una raccolta dati capillare e indipendente, per far crescere l’attenzione sui temi ambientali e per contribuire alla conoscenza ed alla diffusione di esperienze, ingredienti indispensabili per diventare cittadinanza attiva e matura, attenta all’ambiente ed ai beni comuni.

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