Il Forum di Partecipazione è l’organismo del Parco Est delle cave in cui si ritrovano i rappresentanti dei comuni che lo costituiscono, i consiglieri comunali delegati e le associazioni del territorio. Non è un ambito deliberativo, ma può fornire suggerimenti ed indicazioni al comitato di gestione ed è chiamato ad esprimere ogni anno il parere sul bilancio (rendiconto e preventivo per l’anno successivo).
Anche quest’anno Bene Comune Cernusco, con l’adesione di Salviamo il lago Gabbana, dopo un’attenta valutazione del rendiconto 2023 e del preventivo 2024, ha inviato il suo parere al comitato di gestione.
Abbiamo espresso sul rendiconto del 2023 un parere negativo poiché le risorse dedicate all’educazione ambientale ed alla promozione costituiscono meno del 20% rispetto alle spesi de gestione, pur apprezzando notevole riduzione dell’avanzo di bilancio che quest’anno segna un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti e che poneva una grave ipotesa sulla capacità gestionale del parco.
Sul bilancio preventivo del 2025 rileviamo una dotazione finanziaria ancora inadeguata (inferiore alla spesa del 2024) in cui pesano ancora fortemente le voci di spesa legate alla gestione ed agli incarichi professionali, mentre la scarsità di investimenti in conoscenza continua ad essere un aspetto critico. A nostro avviso è fondamentale rivedere l’allocazione delle risorse per garantire la realizzazione degli studi e dei monitoraggi ambientali, insieme alla messa in campo di un vero e proprio progetto di educazione ambientale, del censimento degli alberi, senza i quali il parco rischia di rimanere indietro nella comprensione delle problematiche ecologiche e nella sensibilizzazione della comunità.
In conclusione, le attuali criticità evidenziano una gestione che necessita di un cambiamento significativo per costruire un Parco Est delle Cave la cui identità non sia più collegata alle cave che gli danno il nome ma alla conoscenza delle sue caratteristiche ambientali, indentificando una prospettiva di contesto ecologico di qualità dove le comunità possano ritrovarsi.
Inizia oggi, 11 Novembre 2024, la COP29, il vertice sul clima che si terrà a novembre 2024 a Baku (Azerbaigian) e già si percepisce una certa inquietudine tra i partecipanti. Questo summit, cruciale per monitorare i progressi verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e per definire nuove strategie climatiche, si inserisce in un contesto politico e sociale estremamente delicato. La recente rielezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti ha suscitato timori profondi tra i leader globali e la comunità scientifica, oltre che presso tutto il mondo ambientalista, preoccupati che il ritorno di Trump possa rallentare o addirittura invertire i passi avanti compiuti nella lotta contro la crisi climatica.
La COP29: un appuntamento decisivo per il pianeta
La Conferenza delle Parti (COP) rappresenta ogni anno il più importante momento di confronto e negoziazione per affrontare il riscaldamento globale. Durante la COP29 (qui si può trovare l’agenda completa della Conferenza), i delegati provenienti da quasi 200 nazioni discuteranno strategie cruciali come la riduzione delle emissioni di gas serra, l’aumento del sostegno economico ai Paesi in via di sviluppo e il rafforzamento degli impegni nazionali per limitare il riscaldamento entro il limite di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Tuttavia, l’incertezza sul ruolo che gli Stati Uniti assumeranno in questo contesto rischia di complicare i negoziati. La presenza di Trump alla Casa Bianca alimenta il timore di un’America nuovamente isolata e contraria a politiche climatiche ambiziose, in netto contrasto con la spinta internazionale verso la sostenibilità.
Il primo mandato di Donald Trump è stato caratterizzato da un insieme di deregolamentazioni e scelte energetiche che hanno sollevato profonda preoccupazione tra gli ambientalisti e la comunità scientifica. Uno dei provvedimenti più discussi è stato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi nel 2017, seguito da una serie di iniziative volte a ridurre o eliminare le regolamentazioni ambientali. Tra queste, l’abrogazione del Clean Power Plan del 2015, voluto dall’amministrazione Obama, che puntava a limitare le emissioni di CO₂ dalle centrali elettriche. Trump ha sostituito questo piano con una regolamentazione più permissiva, che concedeva maggiore libertà all’industria del carbone e agli impianti a combustibili fossili di continuare le loro attività senza adeguarsi a standard più rigidi.
Inoltre, Trump ha ordinato l’eliminazione di regole che limitavano le emissioni di metano, un gas serra particolarmente potente, consentendo così alle aziende del settore energetico di ridurre i costi operativi ma aumentando l’impatto climatico. Ha anche allentato le restrizioni sull’inquinamento dell’acqua potabile attraverso la revisione della Waters of the United States Rule, permettendo a molte aziende di scaricare sostanze chimiche in corsi d’acqua senza dover rispettare controlli rigorosi. Queste scelte hanno avuto un impatto profondo sulla salute pubblica e sull’ambiente, compromettendo la qualità dell’aria e dell’acqua in diverse regioni.
Un altro aspetto cruciale dell’amministrazione Trump è stato il sostegno massiccio al fracking, o fratturazione idraulica. Questa tecnica, usata per estrarre petrolio e gas naturale da rocce di scisto, comporta l’iniezione di grandi quantità di acqua, sabbia e sostanze chimiche nel sottosuolo per fratturare le rocce e liberare idrocarburi. Sebbene il fracking abbia contribuito a ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni di petrolio, ha causato gravi problemi ambientali e sanitari. Le sostanze chimiche utilizzate nel fracking possono contaminare le falde acquifere, mettendo a rischio le risorse idriche locali, mentre le emissioni di metano e altre sostanze tossiche aumentano i rischi per la salute e contribuiscono al riscaldamento globale.
Sotto l’amministrazione Trump, il fracking è stato incentivato sia attraverso sussidi fiscali, sia con l’apertura di nuove aree di esplorazione su terreni pubblici e protetti. In particolare, l’Alaska e parte dell’Artico sono stati resi disponibili per trivellazioni, suscitando proteste da parte delle comunità indigene e degli ambientalisti, preoccupati per la distruzione di ecosistemi preziosi e per i danni permanenti che il fracking può provocare al paesaggio e alla biodiversità.
Gli Stati Uniti sono il secondo maggiore emettitore di CO₂ a livello globale, e ogni loro scelta in campo ambientale influenza le dinamiche mondiali. Un eventuale disimpegno americano non solo comprometterebbe il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ma rischierebbe di demotivare altri Paesi. L’atteggiamento statunitense influenza spesso le politiche di grandi emettitori come Cina, India e Russia, con il rischio che il rallentamento degli impegni americani possa rappresentare una giustificazione per altri Paesi che hanno mostrato titubanza nel compiere sacrifici economici per la causa climatica. Questo scenario potrebbe indebolire la spinta verso una transizione ecologica globale, che richiede invece il massimo della cooperazione e dell’impegno internazionale.
La pressione delle organizzazioni ambientaliste e della società civile
Di fronte a questa prospettiva, molte organizzazioni ambientaliste e gruppi della società civile stanno intensificando la pressione su governi e istituzioni internazionali affinché non si facciano scoraggiare. L’opinione pubblica globale sta aumentando il proprio livello di consapevolezza e mobilitazione, spingendo i propri governi a mantenere impegni stringenti e ambiziosi. Gli attivisti chiedono che, anche in presenza di un atteggiamento scettico degli Stati Uniti, gli altri Paesi si uniscano per creare una “coalizione del clima” in grado di stabilire standard elevati e vincolanti.
Le Nazioni Unite e altri enti sovranazionali giocano un ruolo chiave in questa dinamica, ricordando ai partecipanti della COP29 che l’umanità non ha più tempo da perdere. L’aumento delle temperature globali, l’innalzamento del livello del mare e il susseguirsi di eventi climatici estremi dimostrano chiaramente che non sono accettabili compromessi su una questione così urgente. Alcuni analisti ritengono che la COP29 potrebbe essere l’occasione per gli altri Paesi di riaffermare la propria leadership morale e ambientale, mostrando che il mondo può progredire anche senza il supporto degli Stati Uniti.
La spinta dell’Europa e delle nazioni vulnerabili
L’Unione Europea, insieme a molti Paesi insulari e nazioni particolarmente vulnerabili agli effetti della crisi climatica, si è finora impegnata a mantenere alta la pressione per un’azione concreta durante le precedenti COP. Anche in Europa, però, si iniziano a sentire voci critiche nei confronti di progetti di contenimento delle emissioni clima-alteranti contenute nel Green Deal. Alcuni nuovi leader europei (e noi ne sappiamo qualcosa), hanno ribadito la propria volontà di ridiscutere gli obiettivi climatici, mettendo in discussione l’attuale progetto di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Ora, spalleggiati dagli Stati Uniti, potrebbero sentirsi ancor più sostenuti nel rinunciare ad una politica decisamente ecologista, adducendo la scusa che gli investimenti e le politiche europee necessitano di totale supporto internazionale per ottenere un impatto significativo su scala globale, supporto che ora sembra venir meno.
Conclusioni: un bivio decisivo per il futuro
La COP29 si presenta quindi come un vero e proprio banco di prova per la comunità internazionale. In un momento in cui il pianeta si trova di fronte a sfide climatiche senza precedenti, l’esigenza di una cooperazione globale e di impegni ambiziosi è più forte che mai. La possibile ostilità degli Stati Uniti sotto la guida di Trump rappresenta una minaccia concreta, ma molti governi e organizzazioni sono determinati a proseguire la lotta per un futuro sostenibile, facendo appello alla responsabilità di ciascun Paese e soprattutto al sostegno della società civile, che è indispensabile e determinante.
Se il mondo riuscirà a dimostrare unità e decisione, la COP29 potrebbe rappresentare un punto di svolta. Ma senza un impegno serio da parte dei maggiori inquinatori, il rischio è che l’umanità perda una delle ultime opportunità per contrastare efficacemente la crisi climatica. La COP29 sarà quindi una prova di volontà e di visione: o si aprirà una nuova era di impegno collettivo per il clima, o si confermeranno le difficoltà di un sistema ancora troppo frammentato per affrontare sfide globali con una risposta unitaria.
Il 14 ottobre, tre giorni fa, il Consiglio Europeo, composto dai Capi di Stato o di Governo della comunità europea, ha adottato formalmente la Direttiva che stabilisce i nuovi standard di Qualità dell’aria in tutta la UE, già votata dal Parlamento Europeo nel maggio 2024. I nuovi valori di attenzione sono in linea con quelli richiesti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e sono decisamente migliorativi rispetto a quelli in vigore in Italia al momento.
Nelle tabelle che seguono, il confronto tra i valori attuali e quelli approvati dall’Europa.
Come si può vedere, la nuova Direttiva stabilisce dei limiti nettamente più stringenti rispetto a quelli attuali e soprattutto introduce una soglia anche per la concentrazione massima giornaliera del PM2.5, attualmente totalmente assente dalla normativa italiana, nonostante il particolato PM2.5 sia molto più pericoloso del PM10 (lo si deduce anche dai valori delle soglie stabilite) per quanto riguarda la malattie respiratorie, soprattutto per i bambini.
La direttiva europea stabilisce nuovi limiti anche per altri inquinanti, come il biossido di azoto (NO2), l’ozono (O3), il biossido di zolfo (SO2) e molti altri gas e metalli presenti nell’atmosfera (CO, benzene, mercurio, cadmio, piombo, arsenico,…). Ciascuno di questi dovrà essere monitorato, misurato e mantenuto entro i limiti.
La nuova direttiva garantisce anche un accesso giusto ed equo alla giustizia per le persone che risentono o che è probabile che risentano dell’attuazione della direttiva. Gli Stati membri devono garantire che i cittadini abbiano il diritto di chiedere e ottenere un risarcimento quando la loro salute ha subito un danno a causa di una violazione delle norme in materia di qualità dell’aria stabilite nella direttiva.
Ora le nazioni UE, entro due anni, dovranno recepire nella normativa interna i nuovi limiti. Ma soprattutto dovranno fare in modo che i nuovi valori vengano rispettati, mettendo in campo tutte le azioni necessarie a ridurre l’inquinamento da polveri sottili.
Qualora vi sia il rischio che i nuovi standard non vengano raggiunti entro il 2030, le nazioni dovranno redigere un piano dettagliato che dimostri come riusciranno a raggiungerli entro il decennio successivo (2040). L’obiettivo finale, comunque, è quello di arrivare ad inquinamento zero (o almeno ad un livello ritenuto non pericoloso per la salute) entro il 2050.
L’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute in Europa, in quanto gli inquinanti possono essere estremamente nocivi sia per gli esseri umani che per l’ambiente. Circa 300 000 decessi prematuri in Europa ogni anno sono dovuti all’inquinamento atmosferico. L’obiettivo della direttiva è di azzerare questo numero, facendo in modo che la qualità dell’aria sia ottimale per chi vive (e respira) in Europa.
La nostra Associazione continuerà a monitorare la Qualità dell’Aria con la nostra rete di strumenti che contiamo di ampliare a breve. E’ un esempio di “citizen science” che ci consente di monitorare, giorno per giorno e in tempo reale, l’andamento delle polveri sottili: anche se questa rete non può essere direttamente paragonabile a quella istituzionale (ARPAL), ci consente di avere un’idea di come variano queste concentrazioni e di riscontrare l’efficacia delle azioni che le amministrazioni, a tutti i livelli, metteranno in campo per raggiungere gli obiettivi della Direttiva europea.
andremo in bici attraverso i parchi di Cernusco. L’iniziativa è organizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri – Sezione Ambiente e si svolge sotto l’egida del WWF, che ogni anno dedica una giornata al verde nelle città (Urban Nature).
La biciclettata, dedicata soprattutto ai bambini, partirà alle ore 15:30 davanti alla stazione Metro M2 di Cernusco sul Naviglio e seguirà un percorso attraverso i parchi cittadini, fino al Parco Azzurro dei Germani (in circa un paio di ore).
Racconteremo storie di alberi e non solo, osserveremo come la natura urbana può aiutarci a custodire un po’ di biodiversità, rifletteremo su come ci può difendere dagli eccessi meteorologici, ormai sempre più frequenti.
Portate con voi una piccola merenda, per recuperare le energie!
E’ gradita l’iscrizione a questo link: https://shorturl.at/OX5NO oppure inquadrate il QR nella locandina qui sotto
La prematura scomparsa del sindaco Ermanno Zacchetti prima ed ora la pausa estiva hanno interrotto il percorso della variante generale al PGT.
Questo momento di sospensione ci consente di fare qualche riflessione sul percorso che è stato scelto dall’amministrazione come rimedio alle dure critiche di mancanza di pratiche partecipative che erano state espresse nella conferenza VAS per la Variante generale. L’impegno espresso in quell’occasione si è concretizzato nella costituzione di sei tavoli di lavoro realizzati nel mese di maggio e di una “restituzione” pubblica che avrebbe dovuto svolgersi il 15 giugno, rinviata per l’indisponibilità del sindaco.
Gli incontri – rigorosamente ad invito e con l’esplicita richiesta della presenza di un solo delegato – erano rivolti a soggetti e portatori di interesse diversi e già qui avevamo criticato l’impostazione perché come cittadini siamo portatori prima di diritti, poi di interessi.
I sei temi definiti “strategici” per il nuovo piano erano:
ambiente e paesaggio;
centralità e servizi;
politiche abitative;
rigenerazione urbana;
attività economiche e spazi del lavoro;
mobilità.
Siamo stati invitati a partecipare a quello su ambiente e paesaggio e poi a quello sulla rigenerazione urbana. Dunque solo a due su sei (perché?). Abbiamo chiesto di conoscere quali fossero i criteri con cui erano stati individuati i cosiddetti soggetti dialogatori, i criteri di invito ad un tema piuttosto che ad un altro e le regole del tavolo di lavoro, ma abbiamo ricevuto come risposta un laconico commento che non era possibile comunicare anticipazioni (sic).
Eppure non era un pranzo di gala in cui il galateo vieta di chiedere di conoscere gli altri ospiti, al contrario il PGT è lo strumento della pianificazione amministrativa con cui si definiscono il modello di città per i prossimi anni insieme alle regole urbanistiche della nostra comunità e a cui tutti i cittadini hanno diritto di partecipare.
Nel tavolo su ambiente e paesaggio le associazioni ambientaliste sono state messe insieme ai rappresentati dei cavatori, mentre in quello sulla rigenerazione urbana agli operatori immobiliari e tecnici locali (architetti e ingegneri). Su questa scelta di mettere a confronto interessi ma, soprattutto, diritti divergenti torneremo in seguito.
La variante al PGT è stata trasformata in una sorta di pranzo gala (semicitazione), cui si è invitati in virtù di relazioni (amicali?) con la richiesta di RSVP, ove le regole del tavolo, in questo caso il confronto dei dialogatori, non sono note a priori e neppure possono essere messe in discussione.
Gli incontri erano gestiti e coordinati dal team del Centro Studi PIM: dopo una presentazione inziale del tema in discussione in cui venivano ripresi le indicazioni principali della VAS, veniva richiesto ai dialogatori di compilare un questionario e successivamente esporre eventuali proposte.
Come sa chi si occupa di partecipazione deliberativa, i questionari sono uno strumento utile di acquisizione di dati ma la loro valenza è maggiore quando vengono utilizzati prima e dopo la dialettica fra le parti, in modo che si possa valutare l’efficacia del confronto. Purtroppo la nostra richiesta di usare questa impostazione è stata respinta e questo dimostra come i tavoli proposti non siano reali ambiti deliberativi, ma solo una copertura retorica della partecipazione.
Sul merito del tavolo su ambiente e paesaggio e su quello sulla rigenerazione urbana torneremo in dettaglio, intanto è il metodo utilizzato che non risponde affatto alla richiesta di apertura ai cittadini, che non significa un indiscriminato sfogatoio delle loro istanze, ma la costituzione di ambiti strutturati di deliberazione ove una cittadinanza qualificata viene posta in interlocuzione dialettica con l’amministrazione ed i suoi tecnici.
E’ partita la nuova edizione del nostro tradizionale Concorso Fotografico e di Disegno nel Parco Est delle Cave. Da oggi, 15 luglio, è già possibile iniziare a caricare le foto, anche se il periodo per la consegna di foto e disegni è molto ampio e si concluderà a maggio 2025.
Avrete modo così di cercare le specie vegetali che abbiamo inserito come obiettivo della ricerca, che fioriscono in stagioni diverse. E anche per gli animali da cercare potrete attendere il momento migliore o la luce più indicata.
Tutti i dettagli nella brochure, che potete scaricare, mentre il regolamento vi spiega tutte le regole da rispettare per la partecipazione.
Il 6 febbraio 2024 si è costituito l’Osservatorio per la tutela del suolo e del paesaggio del Nord Est Milanese.
L’osservatorio nasce per tutelare il suolo, un bene comune, risorsa fragile consumata dall’occupazione delle superfici verdi libere prodotta dalla speculazione edilizia e dalla proliferazione delle infrastrutture e per offrire una risposta concreta alle emergenze climatiche che mettono in pericolo la nostra esistenza sul Pianeta Terra.
L’Osservatorio è costituito da cittadini, rappresentanti di associazioni ambientaliste, culturali e naturalistiche della Zona omogenea Adda Martesana della Città Metropolitana di Milano che, consapevoli delle conseguenze sempre più pesanti del riscaldamento globale e del consumo di suolo, hanno deciso di unirsi e collaborare per costituire una rete coordinata per monitorare e valutare le attività di pianificazione e gestione del territorio delle nostre amministrazioni, analizzare gli effetti derivanti da strumenti di pianificazione inefficaci a tutelare il suolo e ad arrestarne il consumo.
L’Osservatorio è aperto a tutti coloro che riconoscono come fine da perseguire la conservazione delle aree verdi libere, degli ecosistemi e degli ambiti naturali, a cui si affiancano la salvaguardia delle aree agricole e dei boschi, la difesa della biodiversità, la tutela del paesaggio e la conservazione del patrimonio culturale, ambientale ed architettonico. Strumento essenziale è il monitoraggio del consumo di suolo del nostro territorio collegato alla mobilitazione contro le decisioni che mettono in pericolo questa risorsa essenziale.
Sono soci fondatori dell’Osservatorio:Bene Comune Cernusco, Cernusco in Comune, Custodi del Paesaggio Cassina de’ Pecchi, Salviamo il Lago Gabbana Vimodrone, Fulvio Carcano, Walter Piloni.
Arriva nella notte di mercoledì 31 gennaio, dopo un iter travagliato ed una vivace discussione in consiglio comunale, l’approvazione del Garante per la tutela del Suolo, del Verde, dell’Ambiente.
La proposta – inizialmente era il ‘Garante degli alberi’ – era stata presentata due anni fa in campagna elettorale come una figura tecnica che avrebbe dovuto introdurre forme di regia unitarie e condivise nella piantumazione degli alberi. Ci sono però voluti ventidue mesi per arrivare in consiglio comunale dove, dopo molte revisioni e ripensamenti, è diventato nella versione finale un ‘comitato’ di tre tecnici, nominati uno dal sindaco, uno dalla maggioranza ed uno dall’opposizione. Dunque non propriamente indipendenti, visto che le loro selezione non risponde soltanto a criteri di formazione e merito, ma anche alla connotazione di parte politica.
Insieme al comitato dei garanti viene istituito anche un comitato di cittadini, con cui collabora nelle funzioni di monitoraggio e di promozione delle iniziative che riguardano suolo, ambiente e territorio, sia dall’alto per quelle che arrivano dall’amministrazione che dal basso per quelle proposte dai cittadini.
La discussione in consiglio, grazie ai rilievi presentati dai consiglieri, ha fatto emergere le numerose contraddizioni del testo del regolamento istitutivo del Garante e del comitato dei cittadini, dagli errori sintattici a quelli di contesto: il testo è stato quasi interamente ripreso dal regolamento del Garante del Verde di Milano, con qualche variante legata alle modalità di nomina dei membri del comitato ed all’introduzione del comitato dei cittadini. In particolare, i rilievi hanno messo in luce come non sia un “organo tecnico” da inserire all’interno degli organi collegiali con funzioni indispensabili ai fini istituzionali, e quindi l’esecutivo si vede costretto ad emendare il testo declassandolo ad “istituto di partecipazione”, così come previsto dall’articolo 43 dello Statuto comunale che prevede appunto “consulte e comitati di organismi di partecipazione all’attività pubblica locale, mediante la partecipazione della popolazione alle attività finalizzate allo sviluppo civile, sociale ed economico della comunità”.
L’istituzione del Garante del Suolo, del Verde, dell’Ambiente perde dunque la sua portata innovativa iniziale come organo tecnico indipendente di monitoraggio, vigilanza, controllo e proposta rispetto all’operato dell’amministrazione per rientrare nella categoria degli istituti di partecipazione privi di capacità di incidenza.
Ci saranno così due comitati, uno per i Garanti, costituito da tre persone, come già ricordato di nomina politica, anche se le candidature devono rispondere a vaghi requisiti tecnici, ed un comitato di cittadini(aperto anche ai sedicenni), che arrivano dagli iscritti ad un bando reperibile sul portale del Comune. Il comitato di cittadini avrà anche un coordinatore ed un vice-coordinatore.
La nostra posizione su consulte e comitati è nota sin dalla loro istituzione: rappresentano istituti di partecipazione vetusti, anzi spesso sono forme di mistificazione della partecipazione dei cittadini utilizzate per inglobare la cittadinanza in forme che non garantiscono alcuna incidenza nell’ambito deliberativo. Per questa ragione avevamo proposto l’istituzione del Tavolo del Clima, vale a dire un ambito ove si instaura una dialettica fra le diverse componenti, da quella istituzionale, alle forme semplici o strutturate della cittadinanza, a quella scientifica, dove i dati ambientali vengono monitorati, analizzati ed elaborati in strategie di intervento condivise.
Purtroppo non vediamo alcuna portata innovativa nell’istituzione del Garante del Suolo, del Verde, dell’Ambiente, tantomeno in quella del Comitato dei Cittadini. Un’occasione persa, un’altra, intanto le emergenze ambientali e climatiche sono sempre più urgenti.
L’inserimento di Cernusco sul Naviglio in vetta alla classifica dei comuni ricicloni stilata ogni anno da Legambiente è stato celebrato con soddisfazione ed enfasi per i lusinghieri risultati ottenuti: 87% di raccolta differenziata, fra i comuni lombardi, quello con il maggior numero di abitanti (capoluoghi esclusi).
Merito dei cernuschesi che prestano attenzione a questo importante servizio che riguarda tutta la comunità. Tutto bene, dunque? Siamo andati a guardare un po’ di dati sull’andamento temporale della raccolta differenziata sui portali di CEM Ambiente, gestore del servizio di igiene urbana dal 2016, comparandoli con quelli del Catasto Rifiuti dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ed abbiamo rilevato alcune divergenze:
come si rileva le percentuali di raccolta differenziata hanno un valore simile solo per il 2022, mentre per gli anni precedenti ci sono differenze ed anomalie, anche vistose.
Occorre segnalare che nel 2016 è entrata in vigore una diversa modalità di calcolo dei rifiuti (con l’inclusione nel conteggio di alcune nuove categorie di materiali che vengono avviate al recupero), che ha reso i dati degli anni precedenti a tale data non direttamente comparabili ed introdotto un incremento di quasi 15 punti percentuali.
Inoltre sempre dai dati ISPRA si rileva come la produzione di rifiuti urbani e la raccolta differenziata per Cernusco siano in diminuzione:
Un altro elemento importate è il costo della gestione dei rifiuti a Cernusco, che è passato da 96,3 euro/abitante*anno del 2016 a 105,3 nel 2019 sino a 129 euro bel 2021. A fronte di costi crescenti in questi nove anni dall’introduzione delle nuove modalità di raccolta ed all’appalto a CEM Ambiente, il servizio è migliorato?
In realtà non sembra cambiato dal 2016: non sono mai state introdotte quelle misure – da noi richieste da sempre – che dimostrano attenzione nei confronti dei cittadini, dai punti di raccolta nel territorio per quei materiali di uso quotidiano (stoviglie rotte, lampadine, olio vegetale, ecc), agli incentivi per gli esercizi commerciali che limitano gli imballi, ospitano aree per i prodotti alla spina, o destinate alla raccolta differenziata selettiva (tipo tappi di sughero, pile, olio vegetale), ad una vera tariffa puntuale con meccanismi premiali e di tracciatura.
C’è poi un tema più generale legato alla civiltà delle relazioni ed ai doveri degli amministratori: il sindaco non ha mai risposto alla lettera aperta di una cittadina che abbiamo pubblicato nell’aprile scorso (inviata anche per posta certificata) che esprimeva le difficoltà di una persona anziana, senza auto, che non può quindi recarsi alla piattaforma ecologica per smaltire tutti quei rifiuti che non vengono raccolti con la differenziata: dagli oli usati alle stoviglie rotte.
Con il nuovo anno vorremmo davvero un cambio, un servizio di igiene urbana dalla parte delle cittadine e dei cittadini, di tutte le età e più attento alle loro esigenze. Meno enfasi, più fatti.
La COP28 si è chiusa con un accordo politico: l’obiettivo necessario era l’uscita dai combustibili fossili (phase-out) con la loro eliminazione in tempi definiti, il risultato – ottenuto dopo oltre trecento ore di negoziato sull’orlo del fallimento in un contesto di lobbisti e conflitti d’interesse – è l’invocazione una transizione graduale dal fossile (transitioning away ).
E’ emerso con chiarezza il peso delle lobby del petrolio e la drammatica realtà delle nazioni insulari che saranno condannate all’emigrazione forzata dai loro territori se non si inverte la rotta delle emissioni climalteranti.
Finalmente il negazionismo è stato messo da parte accogliendo la tesi dell’lpcc secondo cui il riscaldamento globale è dovuto alle emissioni storiche cumulate nel corso degli anni come prodotto delle attività umane, vengono quindi riconosciute le premesse scientifiche per una giustizia climatica.
E’ anche il riconoscimento al valore dei moniti di tutti quegli ambientalisti sinora tacciati di ideologia, mentre erano semplicemente realisti, perché partivano da dati concreti e scientificamente provati per arrivare a definire un ideale, quello di garantire un futuro a chi verrà dopo di noi. Dunque d’ora in avanti c’è bisogno di politica, di tradurre l’invocazione politica in policies concrete.
Ma non c’è più molto tempo: questo decennio, secondo la comunità scientifica, è l’ultima finestra temporale per contenere la crisi climatica entro limiti gestibili.
Ogni paese, secondo modalità determinate a livello nazionale, sarà chiamato a contribuire agli sforzi globali. Vedremo qui in Italia e, noi lo seguiremo nel nostro piccolo osservatorio locale, come e quanto il messaggio politico della COP28 verrà messo in pratica.
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