Categoria: Verde urbano

Elezioni comunali 2025: le proposte dei candidati sui beni comuni

Le elezioni possono essere drammaticamente inadeguate a rendere la complessità della politica”, come dice Amartya Sen, ma sono uno degli strumenti più usati nella scelta della rappresentanza e dunque nel fine settimana le elezioni comunali ci porteranno al rinnovo del consiglio comunale.

Ci sono quattro candidati sindaca/o e più di 200 candidati consiglieri che in questi mesi hanno esposto le loro proposte per il governo di una città apprezzata per il suo verde e la buona qualità della vita, sui quali però pendono numerose minacce e danno segni di criticità.

Ricordiamo in particolare i problemi della grave siccità del 2022, gli eventi meteorologici estremi del luglio 2023, l’eccezionale piovosità del 2024, fenomeni affrontati con improvvisazione o inadeguatezza e senza una riflessione sull’emergenza ambientale che stiamo vivendo che deve essere affrontata anche a livello locale. Valutiamo con preoccupazione la salute del nostro patrimonio arboreo: il ciliegio di via Tonale è stato sacrificato agli interessi immobiliari, quindici bagolari di via Don Sturzo verranno abbattuti secondo un progetto di riqualificazione della mobilità, il gelso di piazza Matteotti era malato e nessuno se n’era accorto. Sono solo esempi, ma emblematici di una gestione del verde da ripensare ed innovare con dispositivi urbanistici e regolativi aggiornati ed efficaci, che tengano conto delle più moderne indicazioni di tutela del verde e della biodiversità, anche attraverso il supporto di professionisti con competenze specifiche.

Siamo consapevoli che nella scelta elettorale i programmi elettorali contino poco, entrano in gioco anche altre componenti – dall’empatia del candidato alla scelta ideologica – e che siano troppo spesso solo promesse elettorali. Ma da quelli siamo partiti per valutare le posizioni dei candidati sui temi che ci stanno a cuore: i beni comuni legati all’ambiente ed al territorio, e pure quelli legati all’informazione ed alla trasparenza.

Abbiamo fatto analizzare all’IA i programmi elettorali dei candidati sindaco selezionando gli impegni proposti sui seguenti temi:

  •  Gestione e manutenzione del verde pubblico
  • Forestazione urbana e biodiversità
  • Parco Est delle Cave (PLIS)
  • Partecipazione civica e strumenti di pianificazione
  • Connessione con le normative europee
  • Partecipazione e coinvolgimento civico nella gestione dei beni comuni
  • monitoraggio ambientale e accesso pubblico ai dati

e successivamente abbiamo rivisto e controllato le indicazioni.

Segue l’analisi con i candidati in ordine alfabetico


Paola Colombo – Disegniamo Cernusco

Verde e forestazione:

  • Prosecuzione delle politiche attuali; aggiornamento Regolamento del Verde.
  • Progetti innovativi: orto botanico e chilometro verde della scienza.
  • Promozione della biodiversità in ambito urbano.

Parco Est delle Cave:

  • Connessioni verdi con altri parchi (Aironi, Increa, Gaggiolo).
  • Valorizzazione del PLIS come infrastruttura sovracomunale.
  • Recupero naturalistico dell’area boschiva della cava Gaggiolo.

Manutenzione e fruizione:

  • Riqualificazione aree verdi, aree gioco, inclusione del tema nei percorsi educativi scolastici.


Claudio Mereghetti – Meglio si può

Verde e forestazione:

  • Piani manutentivi anche per opere esistenti.
  • Maggiore cura e ordine negli spazi verdi cittadini.
  • Promozione dell’apicoltura e rispetto della fauna urbana.

Parco Est delle Cave:

  • Non esplicitamente menzionato, ma presenza di riferimenti alla tutela del suolo e alla sostenibilità ambientale.

Manutenzione e fruizione:

  • Collaborazione civica per la manutenzione con possibili incentivi.
  • Coinvolgimento attivo della cittadinanza nel decoro urbano.

Danilo Radaelli – Il futuro è Adesso per una città da Vivere

Verde e forestazione:

  • Obiettivo 100 m² di verde per abitante.
  • Nuovo Regolamento del Verde; gestione differenziata per zone.
  • Piantumazioni con piante autoctone e a bassa manutenzione.

Parco Est delle Cave:

  • Stop all’espansione delle cave.
  • Eventi, sentieri e cartellonistica per rendere il parco più accessibile.
  • Concessioni agricole e promozione della filiera corta e agricoltura sostenibile.

Manutenzione e fruizione:

  • Coinvolgimento della cittadinanza tramite Consulta ambientale.
  • Educazione ambientale e percorsi per la manutenzione del verde privato.

Valentina Tedesco – La città in Comune / Sinistra per Cernusco / M5S

Verde e forestazione:

  • Depavimentazione delle superfici grigie per ricreare suolo verde.
  • Piantumazione di nuovi alberi, rilancio dell’iniziativa “Un albero per ogni nuovo nato”.
  • Festa dell’albero con le scuole; incentivazione anche per il verde privato.
  • Monitoraggio imprese inquinanti e spinta a ridurre l’impatto ambientale.

Parco Est delle Cave:

  • Progetto partecipato con cittadini, scuole e agricoltori.
  • Creazione di una piattaforma per la filiera corta e pratiche agroecologiche.
  • Recupero cava Gaggiolo con finalità naturalistica.
  • Collegamento del PLIS Est delle Cave con PLIS Martesana e Parco Cascine di Pioltello.
  • Rete ciclopedonale intercomunale e manutenzione sentieri.

Manutenzione e fruizione:

  • Fontanelle in tutti i parchi, aree cani attrezzate, cura continua dei parchi gioco.
  • Ufficio per la gestione delle segnalazioni su degrado urbano.

Ci sono però alcuni elementi che non abbiamo trovato che invece pensiamo siano importanti fattori culturali dal punto di vista ambientale per coloro che si candidano a governare la città.

il Piano del Verde

Dall’analisi dei programmi elettorali dei candidati sindaco emerge una lacuna significativa: nessuno fa riferimento all’elaborazione di un Piano del Verde, strumento adottato da quei comuni che pongono attenzione alla pianificazione urbanistica, in particolare se collegato al Piano di Governo del Territorio, al Regolamento del Verde ed al coinvolgimento della cittadinanza.

Il Piano del Verde è uno strumento adottato da molti comuni italiani come documento di pianificazione ambientale e urbanistica che permette di:

  • avere una visione strategica e integrata delle politiche del verde;
  • definire standard minimi e indicatori di qualità ambientale;
  • programmare in modo trasparente la manutenzione, tutela e valorizzazione del patrimonio verde;
  • favorire la partecipazione attiva dei cittadini.

Il Garante del Verde: un istituto inefficace e ignorato

A Cernusco, la figura del Garante del Verde è stata formalmente istituita sul finire dello scorso anno, ma si è rivelata priva di visibilità, riconoscibilità, strumenti e impatto reale.

Nessun candidato propone una riforma o rilancio del Garante del Verde, confermandone l’inefficacia come strumento per la partecipazione civica nella tutela del verde urbano.


Il PLIS Est delle Cave

Tutti i candidati riconoscono l’importanza del Parco Est delle Cave, ma nessuno fa riferimento all’imminente modifica della convenzione regolativa, legata all’ingresso del Comune di Segrate: un’occasione per ripensarne l’assetto gestionale, troppo lento e farraginoso, introducendo elementi utili ad individuare una nuova governance del parco, con capacità di incidere sulla destinazione delle risorse, sulla progettazione, sui modelli di fruizione e sul rapporto con il mondo agricolo. Ignorare questo passaggio significa perdere un’occasione di rilancio politico e funzionale del PLIS, proprio partendo dalla considerazione che Cernusco è il Comune capofila.

Ci auguriamo che il PLIS Est delle Cave si strutturi come ambito sovracomunale, da governare in modo integrato, trasparente e partecipato.


la Nature Restoration Law

In nessuno dei programmi ci sono riferimenti alla Nature Restoration Law, il regolamento europeo approvato nel 2024 sul ripristino degli ecosistemi che fissa obiettivi vincolanti per:

  • l’arresto del consumo di suolo urbano e periurbano;
  • la conservazione della copertura vegetale delle aree urbanizzate;
  • la protezione di impollinatori e fauna selvatica, in particolare uccelli e insetti impollinatori.

Si tratta di un quadro normativo europeo che influenzerà direttamente le politiche ambientali locali nei prossimi anni e che sarà utile per quelle amministrazioni che intendono tutelare suolo, verde ed ecosistemi all’interno di una cornice normativa sovraordinata. Importante è inoltre il coinvolgimento delle comunità nel monitoraggio degli obiettivi.


Monitoraggio ambientale e accesso pubblico ai dati

Infine ma non ultimo, vogliamo ricordare l’importanza dei dati ambientali, in particolare quelli locali e dunque la centralina meteorologica, che avrebbe dovuto essere realizzata già da molti anni: una nostra proposta, disattesa nonostante un unanime mozione del consiglio comunale del 2020 che ce ne affidava la cura e responsabilità. È stata deliberata nel dicembre scorso l’assegnazione ad un altro soggetto che avrebbe dovuto realizzarla entro la fine di gennaio, ma sinora non se trova traccia.

Ci auguriamo che anche in questo caso si inizi a registrare e monitorare i dati ambientali e che vengano messi a disposizione come open data per la cittadinanza.


Aggiungiamo che siamo stati contattati da tutti i candidati, ad eccezione di Paola Colombo, per avere un confronto dialettico sui temi ambientali. Ringraziamo Claudio Mereghetti, Danilo Radaelli e Valentina Tedesco, per l’attenzione e per il riconoscimento del nostro ruolo di interlocutore affidabile e competente.

Chiudiamo, ricordando le parole di Norberto Bobbio: si può essere imparziali, ma non neutrali.

Bene Comune Cernusco continuerà a monitorare ambiente, territorio, biodiversità, a promuovere la trasparenza, la partecipazione incidente valutando la coerenza tra parole e azioni.

Il gelso di piazza Matteotti: un monito per la città

Martedì sera un evento meteorologico annunciato, ma che ha avuto un’intensificazione locale come spesso accade negli ultimi tempi, ha colpito Cernusco causando allagamenti in alcune zone della città e danneggiato irrimediabilmente il gelso di piazza Matteotti.

Alle ben note criticità idrauliche della città si aggiunge così un’emergenza legata alla perdita di un albero che rappresentava un pezzo di memoria collettiva: il gelso era stato piantato nella piazza centrale proprio per ricordare la presenza, nei campi di Cernusco, delle piante da cui si ricavavano le foglie per l’allevamento dei bachi da seta, i cui bozzoli venivano lavorati nella filanda. Una memoria legata alla storia produttiva e sociale della città di cui il gelso era diventato emblema.

Un albero importante e dunque meritevole di attenzione e cura o, almeno, di un monitoraggio costante delle sue condizioni, come si dovrebbe fare per ogni pianta della città, specie quelle che si trovano degli spazi pubblici e frequentati dalla cittadinanza. La rottura di una grossa branca, avvenuta nella notte, ha causato il crollo di gran parte della chioma, mostrando un deterioramento interno significativo.

L’amministrazione ha reso noto di aver fatto eseguire una perizia secondo cui il fusto risultava compromesso e così il gelso è stato abbattuto con la promessa di un reimpianto, non appena possibile.

La piazza vuota e la perdita di questa pianta ci portano ad alcune considerazioni:

si trattava di un albero situato al centro di una piazza pubblica, sotto le cui fronde si sono svolti negli anni eventi e manifestazioni, e che quindi richiedeva una valutazione attenta delle condizioni di stabilità, anche per la sicurezza delle persone.

La rottura è avvenuta durante la notte e dunque nessuno è rimasto coinvolto, ma se fosse accaduto di giorno?

La vice sindaca ha dichiarato che l’albero era monitorato, ma le gravi patologie interne non erano state rilevate. È lecito interrogarsi sull’efficacia dei controlli adottati, inoltre il gelso era stato sottoposto ad interventi di potatura, era circondato da una pavimentazione che lasciava pochissimo spazio alla base del tronco e, forse, l’apparato radicale era stato danneggiato nel corso dei lavori di sistemazione della piazza. Tutti elementi che possono averne compromesso la salute.

Da tempo insistiamo sulla necessità di prendersi cura del patrimonio arboreo urbano, attraverso azioni concrete: dal censimento delle alberature alla valutazione delle condizioni di stabilità, fino a una gestione professionale che comprenda pratiche corrette di manutenzione e potatura. Ricordiamo ancora una volta che potare non significa necessariamente mettere in sicurezza, anzi, spesso è una delle cause principali di indebolimento strutturale delle piante.

Con la perdita del gelso, oltre che il simbolo di Cernusco, sono venuti meno tutti i servizi ecosistemici forniti dalla pianta, da quelli legati alla funzione sociale a quelli di rilevanza ambientale, con una significativa perdita di immagine ed economica per la città.

Ci auguriamo che la perdita del gelso, simbolo di Cernusco, costituisca un monito per attivare una gestione del verde urbano realmente attenta e realizzata da professionisti, che abbia come obiettivo la tutela effettiva del patrimonio vegetale.

Registriamo inoltre il mancato apporto dei Garanti del Verde e del Comitato cittadino, istituti di partecipazione costituiti proprio per affrontare criticità come queste, ma che finora non hanno prodotto indicazioni pubbliche, neanche come linee guida utili a orientare l’azione della prossima amministrazione.

Infine, cogliamo l’occasione per segnalare la mancanza, a Cernusco, di un Piano del Verde: uno strumento di pianificazione da affiancare quello urbanistico e che molte città hanno già adottato per gestire e progettare la copertura vegetale.

Una nuova allerta meteo: e gli alberi?

Il platano del parcheggio fra via Buonarroti e via Caravaggio

C’è una nuova allerta meteo: nella notte arriveranno precipitazioni temporalesche che in alcuni settori lombardi potranno essere molto intense ed abbondanti. 

Potete consultare sia l’avviso emesso dalla Regione Lombardia che il

In questo periodo l’Italia ha vissuto eventi terribili, legati, palesemente, alle conseguenze del cambiamento climatico.
Di fronte alle drammatiche immagini di quel che è accaduto, al Nord, come al Centro, come nel Meridione, tante discussioni sulla fondatezza dei rischi, sul livello dell’allarme, sul grado di preoccupazione che è giusto avere per la realtà che stiamo sperimentando, appaiono sorprendenti.
Occorre assumere la piena consapevolezza che siamo in ritardo.
Bisogna agire, da una parte cercando di incrementare l’impegno a salvaguardia dell’ambiente e per combattere le cause del cambiamento climatico.
Sappiamo che sarà un impegno difficile, su scala globale, i cui effetti vedremo nel tempo.
Dall’altro lato, è necessario operare per contenere già oggi gli effetti dirompenti di questi cambiamenti, predisponendo strumenti nuovi e modalità di protezione dei territori, che consentano di prevenire e attenuare gli effetti dei fenomeni che si verificano sempre più di frequente.

Abbiamo tutti sotto i nostri occhi gli effetti prodotti dagli ultimi eventi, colpiscono in particolare le decine (in alcuni comuni, centinaia e migliaia a Milano) di alberi sradicati o danneggiati, un vero proprio tesoro perduto.

Ci soffermiamo sugli alberi perché davvero sconcertano le loro condizioni: apparati radicali divelti e tronchi schiantati sono ovunque nelle nostre città, dai marciapiedi ai parchi. Ci si interroga sul perché alcuni alberi abbiano resistito ed altri invece siano stati abbattuti, con tronchi spezzati o divelti sin dalle radici.

Le piante sono nostre alleate nel contrasto al cambiamento climatico grazie alla loro capacità di catturare anidride carbonica, ma possono essere fragili ed esposte: dobbiamo imparare a prenderci cura del nostro verde e valutare le conseguenze che producono sulla salute futura della pianta e sulla sua stabilità un impianto sbagliato ed una cattiva manutenzione. E tutti possono fare la propria parte: dai cittadini, ai condomini, all’amministrazione comunale. A quest’ultima lanciamo un appello perché occorrono criteri nuovi di manutenzione del verde pubblico e privato. 

Bene Comune Cernusco ha proposto il mese scorso al parco Est delle Cave un progetto di mappatura degli alberi attraverso un applicativo software che consente di effettuare anche una prima valutazione di stabilità. Potrebbe essere esteso ai comuni in modo da consentire un censimento delle alberature stradali e degli alberi dei parchi. Nello stesso tempo riteniamo che agli alberi vada dedicata più cura ed attenzione e sia necessario introdurre anche sistemi di valutazione della stabilità (dall’osservazione visiva ai pulling test per stabilirne la resistenza ai venti). Potrà sembrare un oggi costo eccessivo, ma ci preserverà domani dalle spese necessarie a far fronte ai ripristini ed al risarcimento dei danni, oltre a conservare per il futuro le chiome dei nostri alberi.

Di che suolo parliamo?

Il 5 dicembre, giornata dedicata al suolo su iniziativa delle le Nazioni Unite e la FAO per far crescere la consapevolezza sulla sua importanza per la vita umana, è stato praticamente ignorato, sebbene l’erosione di suolo libero costituisca ormai un’emergenza: l’Italia perde 2 metri quadri di suolo al secondo e la progressiva impermeabilizzazione del territorio, collegata all’intensificazione dei fenomeni meteo estremi, determina conseguenze devastanti sulle aree più fragili.

Anche a Cernusco la giornata del suolo è passata sotto silenzio, un silenzio assordante dopo l’approvazione estiva della variante del Piano di Governo del Territorio con cui verranno costruiti sui prati di via Cevedale più di 10.000 mq di palazzi e un nuovo campo da baseball prenderà il posto del secolare campo del Gaggiolo.

Il tutto però, ci raccontano, a consumo di suolo zero, perché i campi di via Cevedale erano già considerati edificabili dal vecchio piano regolatore e il PGT non ne ha modificato la destinazione e dunque, dal punto di vista teorico, non c’è consumo di suolo. Una narrazione mistificante: la realtà è che fra qualche mese al posto dei campi verdi vedremo palazzi e al posto del prato del Gaggiolo dove cacciano gli insetti le rondini che nidificano nella vicina cascina, un campo da baseball. E nessuna compensazione potrà restituirceli.

Dal 2011, anno di approvazione del PGT, sono cambiate molte cose, soprattutto è cresciuta la consapevolezza culturale delle conseguenze che la perdita di aree verdi determina per l’ambiente e le comunità. In dieci anni e, soprattutto, nei tre anni di discussione sulla variante si potevano mettere in atto misure volte a preservare le aree verdi di Cernusco per sottrarle alla speculazione immobiliare e per evitare consumo di suolo per realizzare strutture che avrebbero potuto essere costruite su aree di minor pregio ambientale.

Sarebbe stata una scelta onerosa per il contenzioso da sostenere con gli immobiliaristi sui mancati guadagni, ma sono ormai diverse le amministrazioni coraggiose che hanno visto riconosciuta dal punta di vista giuridico la volontà di preservare le aree verdi rimaste come di interesse preminente per la comunità rispetto agli interessi privati.

Ma in gioco non ci sono solo gli interessi privati: capita che vengano sacrificate aree ancora verdi anche per strutture pubbliche. È accaduto con il polo scolastico di via Goldoni realizzato sui prati della cascina Galanta, accadrà per il già citato campo da baseball sui prati del Gaggiolo ed è in programma per il giardino della scuola primaria del plesso di via Don Milani su cui verrà costruito un nuovo nido.

Che siano strutture di pubblica utilità non cambia la sostanza: è il verde che sarà cancellato per sempre e con il verde perderemo la biodiversità che porta con sé.

Consideriamo grave la mancata valutazione delle alternative: in tutti i casi citati non sono state prese in considerazione soluzioni che prevedessero il riuso di altre aree già compromesse, di minor pregio ambientale o funzionalità sociale.

Realizzare il nuovo nido a spese del giardino della scuola primaria è l’indicatore esplicito di come vengano considerate le aree verdi e la biodiversità: significa che sono una merce a disposizione, da poter utilizzare in funzione di esigenze private e pubbliche.

Ma i beni ambientali sono beni comuni, non sono a disposizione: devono essere tutelati e, soprattutto, devono essere valutate tutte le alternative praticabili per la loro conservazione.

Il giardino della scuola di via Don Milano ha avuto il merito di rompere il silenzio sul consumo di suolo, ha fatto capire cosa significhi perdere un prato, perdere gli alberi sotto cui si gioca, reso palesi le conseguenze della perdita della funzione sociale di un bene ambientale.

Bene Comune Cernusco condivide le perplessità dei genitori del consiglio d’Istituto e del Comitato dei Genitori dell’Istituto Rita Levi Montalcini che chiedono all’amministrazione un ripensamento ed una più attenta valutazione del progetto.

#Alberi: un investimento per il futuro

Abbiamo visto come purtroppo a Cernusco basti poco – le foglie, gli aghi, l’ombra, i rami fuori sagoma – a giustificare l’abbattimento di un albero.

E’ un problema di inadeguatezza dei regolamenti (fermo al 1994), ma pure di mancanza di cultura ambientale sia da parte dei privati che dell’amministrazione. Se infatti diamo un’occhiata anche al formulario che occorre compilare per ottenere l’autorizzazione all’abbattimento scopriamo che i motivi possono essere:

  1. prescrizioni del diritto pubblico
  2. un’utilizzazione ammessa secondo la norma urbanistica non può altrimenti essere realizzata o possa esserlo solo con limitazioni essenziali,
  3. dall’albero provengono pericoli per persone o cose che non possono essere evitati in altro modo e con una spesa ammissibile,
  4. albero ammalato la cui conservazione non sia possibile con una spesa tollerabile,
  5. prevalenti interessi pubblici in altro modo non realizzabili,
  6. bene della collettività

Il punto 1 possiamo immaginare che si riferisca alle rispetto delle distanze dai confini; il punto 2 non lo abbiamo capito; i punti 3 e 4 che si riferiscono allo stato dell’albero sono più chiari, specie se accompagnati da una perizia tecnica, ma i riferimenti alla spesa ammissibile e tollerabile con cui evitare il taglio dell’albero sono del tutto arbitrari; per il punto 5 pensate a tutti gli alberi sacrificati per costruire strade inutili (quanti alberi sono stati tagliati per la TEM?); il punto 6 mette in contrapposizione l’albero con un bene della collettività, anche questo un concetto che fatichiamo a comprendere.

Vorremmo quindi avere chiarimenti da parte dell’amministrazione rispetto ai motivi proposti e, nello stesso tempo, segnalare la necessità di un aggiornamento della modulistica richiesta per l’abbattimento degli alberi.

Intanto per chi volesse saperne di più sugli alberi e la loro importanza riportiamo la nostra clip di presentazione della video conferenza con Pietro Maroè del 31 marzo 2022 ed il podcast della serata.

Scoprirete perché gli alberi sono così importanti e che non possiamo più permetterci tagli dissennati.

Video conferenza con Pietro Maroè – 31 marzo 2022

A colloquio con Pietro Maroè, giovane argonauta che con passione studia e cura gli alberi, con un grande sogno, salvare il modo.

C’è ancora speranza per questo mondo. Dicono che sia sempre l’ultima a morire. Il cambiamento parte da ciascuno di noi, dalle scelte di ognuno di noi.

La vita è un’evoluzione continua e inarrestabile, un perpetuo adattamento, da quando veniamo al mondo a quando lo lasciamo. E la strada nel mezzo stabilisce chi sei.

Pietro Maroè ci racconta come ci sia bisogno di una nuova forma di società, che ci permetta di non estinguerci con le nostre stesse mani, dove gli alberi costituiscono un modello da seguire, un esempio di comunità organizzata dove le risorse vengono utilizzate in modo parsimonioso, senza che nulla vada buttato.

Dunque non sono affatto elementi dell’arredo urbano come spesso vengono considerati. Da qui la nostra provocazione del titolo.

Un’occasione da non perdere: giovedì 31 marzo – ore 21

di seguito le credenziali per la videoconferenza sulla piattaforma Zoom.

Entra nella riunione in Zoom 
https://us06web.zoom.us/j/88449731608?pwd=YmU2WHJHeGwvV29NWTlJSEZVWmdBZz09

ID riunione: 884 4973 1608 
Passcode: 738712 
Un tocco su dispositivo mobile 
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+390200667245,,88449731608#,,,,*738712# Italia

L’azzurro infinito degli alberi: colloquio con Pietro Maroè

… Ma d’altronde, a chi può interessare che l’Italia è prima in Europa per flora autoctona?

E’ la domanda che Pietro Maroè pone nel suo ultimo libro “L’azzurro infinito degli alberi” ed è una domanda senza risposta o, meglio, con una desolante risposta.

Eppure l’Italia, con ben 8.195 tra specie e sottospecie, di cui 1.708 endemiche, ovvero esclusive del territorio italiano, è al primo posto in Europa per la biodiversità della flora autoctona, dunque un elemento che dovrebbe renderci più consapevoli della necessità di attenzione nei confronti dell’ambiente che ci circonda.

Di questo e molto altro parleremo con Pietro Maroè giovedì 31 marzo alle 21 in videoconferenza (a breve invieremo il link).

#viaggiofraglialberi: incontro con Pietro Maroè

Il rapporto fra gli alberi e la città è complicato: sono parte dell’identità stessa e della storia di molti quartieri, ma nello stesso tempo è proprio la loro manutenzione e conservazione che costituisce una sfida fra le esigenze delle piante e quelle dei cittadini che spesso dimenticano, fra foglie cadute e radici sporgenti, il ruolo essenziale degli alberi.

Ne parliamo giovedì 31 marzo alle 21,00 con Pietro Maroè, giovane arbonauta che ha deciso di studiare, misurare e soprattutto curare gli alberi.

A breve il link per il collegamento in video conferenza

Per gli alberi il tempo è un concetto relativo. Praticamente non muoiono se non per cause esterne e, anche in quel caso, sono talmente ben organizzati che non muoiono con facilità. Il tempo passa in secondo piano.

L’albero, semplicemente, aspetta.

Aspetta il momento giusto per germinare, per fare le foglie, per fiorire. Poi aspetta il momento giusto per fare i frutti e lasciarli cadere, così come per le foglie, come se anche quella che è la sua principale fonte di sostentamento fosse comunque qualcosa di effimero.

Forse anche noi dovremmo prendere esempio da questi custodi dell’azzurro del cielo.

anticipazione da “L’azzurro infinito degli alberi” di Pietro Maroè

#alberi: il Bosco del Fontanone

Il Bosco del Fontanone

Durante tutta la carriera scolastica riceviamo soltanto brandelli di conoscenze in ambito ecologico, insufficienti per stimolare la nostra curiosità e volontà di approfondimento. Il risultato è che non sviluppiamo alcuna sensibilità in materia. Azioni virtuose, come il corretto conferimento dei rifiuti o guidare un’auto ibrida sono il minimo sindacale, utili a non fare troppi danni e a lavare la propria coscienza. Troppo poco per migliorare l’ambiente in cui viviamo.

Cernusco sul Naviglio spicca, oltre che per la condizione socioeconomica nettamente superiore alla media nazionale, per una reputazione “verde” rispetto alle cittadine contigue. I parchi lungo il Naviglio, sapientemente curati nei punti di attraversamento, assolvono perfettamente all’immagine “green” che le amministrazioni comunali amano trasmettere e convogliano l’attenzione degli stessi cittadini, perennemente alla ricerca di un contatto con la natura.

Nel frattempo però, si continua a spargere cemento in ogni direzione.

Le varie amministrazioni comunali hanno dato prova in passato (e continuano a farlo), attraverso le famigerate varianti al PGT, di saper piegare le leggi della matematica e della fisica arrivando a dimostrare contortamente che più si costruisce, più aumenta il verde, attraverso meccanismi che portano il Comune ad acquisire terreni non edificati per incrementare il “verde pubblico” in cambio di permessi di costruire in altri lotti di costruttori privati. L’unico concreto incremento cui stiamo assistendo, in realtà, è quello dei metri cubi di cemento, anno dopo anno.

Qualcosa non torna.

È proprio il concetto di “verde” ad essere distorto. Il pericolo è non riuscire più a concepire alcunché di diverso dal Parco dei Germani, di abituarci ad una natura totalmente addomesticata, piegata, standardizzata, di preferire il verde di un campo da golf a quello di un bosco spontaneo.

A Cernusco c’è un campo da golf, riservato ai soci del Contry Club, e c’è anche un bosco, aperto a tutti. È il “Bosco del Fontanone”, una piccola selva a nord della città che merita un approfondimento.


Non si tratta di un relitto dei boschi planiziali che secoli fa ricoprivano la pianura padana ma, più prosaicamente, è l’evoluzione di una sorta di rimboschimento attuato nei primi anni ’80, tra l’altro con metodologie che oggi troveremmo quanto meno approssimative.

Il bosco rientra in toto nel perimetro del mitico quanto evanescente “PLIS (Parco locale di interesse sovracomunale) Est delle cave”, e potrebbe costituirne un punto focale, se solo il PLIS godesse di qualche tutela degna di questo nome.

Nell’impianto originario furono piantumate, assieme ad alcune essenze nostrane, due specie altamente invasive che oggi nessuno oserebbe infilare in un bosco: la robinia e la quercia rossa, entrambe di origine nordamericana. La prima si caratterizza per l’elevata invasività nei primi anni, ma è poco longeva; la seconda invece cresce rapidamente e già dopo pochi anni produce ghiande in abbondanza e con alto tasso di germinabilità. Inoltre, la quercia rossa è una specie longeva, per cui, nel lungo periodo, potrebbe impadronirsi di tutto il bosco causando una grave riduzione delle specie autoctone.

Per ovviare a questo problema nel 2015 il Comune, grazie a risorse provenienti da oneri di urbanizzazione e stanziamenti della fondazione Cariplo, decise di “riqualificare” il bosco. Termine che, associato ad elementi naturali, provoca senso di allarme e repulsione, come se la natura tendesse a dequalificarsi da sola.

 In tale “riqualificazione”, oltre all’espianto delle due principali specie infestanti (robinia e quercia rossa) erano previsti i rifacimenti dei sentieri con pietrisco (quindi introducendo un materiale che, seppur naturale, non è presente in questa zona) e la piantumazione di essenze locali, tra cui alcune di cui il boschetto era privo.

Solitamente, quando si taglia un bosco, il proprietario non solo non affronta spese, ma spesso ci guadagna, perché viene pagato da chi provvede al taglio, il quale poi venderà la legna che si sarà prodotta. Ma in questo caso non è successo.

Tuttavia l’aspetto principale della vicenda riguarda la valutazione sui risultati attesi, dopo 5 anni.

Le robinie, che dovevano essere estirpate in un’ampia parte del bosco, sono palesemente aumentate di numero, e con rinnovato vigore. La robinia è sì poco longeva, ma se la si taglia alla base produce polloni in gran numero che crescono molto più velocemente delle specie autoctone (farnia, frassino, acero…) finendo per soffocarle e impossessandosi di estese porzioni di bosco, con grave riduzione della biodiversità. Ci sono quindi due strategie: o le si lascia morire di vecchiaia (già dopo 30/40 anni la robinia mostra evidenti segni di declino) incentivando altre specie che pian piano iniziano a crescere sotto di essa, oppure si adotta la scelta opposta, cioè tagliarle, purché si intervenga strappando i polloni fino a che il ceppo non ne produce più. In questa seconda modalità sono necessari, ottimisticamente, 3-4 anni di interventi continui.

L’eradicazione delle querce rosse invece ha successo se si parte dalla rimozione degli esemplari di maggiori dimensioni, intervenendo progressivamente sulle piante più giovani, in modo da ridurre di anno in anno la produzione di ghiande e quindi di nuove piante.

Anche in questo caso occorrono diversi anni di interventi mirati.

Ad oggi dobbiamo rilevare che la quercia rossa è ancora abbondantemente presente nel bosco e ad ogni primavera nascono centinaia di piccole plantule.

Riguardo le piantine autoctone messe a dimora (1250 alberi e 4450 arbusti), ne restano poche decine, la maggior parte è morta per la competizione con le piante più grandi da cui erano circondate. Un epilogo facilmente prevedibile.

Il bosco non ha potuto estendere la sua superficie, benché i campi che lo circondano siano di proprietà del Comune. Questi preferisce darli in locazione ad aziende agricole senza intaccarne minimamente i confini. Il bosco quindi c’è, ma non deve disturbare.

Non sono state create zone umide, fatto degno di nota se si considera che il nome “Fontanone” deriva dalla presenza di una risorgiva che, a causa delle escavazioni nelle cave circostanti, è ormai asciutta. A questo va aggiunto che persino la roggia che lo delimita a sud non è stata liberata dai suoi argini di cemento.

Eppure qualche segnale di ottimismo va colto: delle poche piantine sopravvissute qualcuna si spera possa raggiungere la maturità ed iniziare a riprodursi, arricchendo la biodiversità. La natura trova sempre una sua armonia, soprattutto se l’intrusione umana è contenuta e rispettosa, e riesce a regalarci scorci affascinanti.


Il Bosco del Fontanone andrebbe valorizzato (non riqualificato!) avvalendosi di tecnici professionisti che operino in sinergia con l’associazionismo locale, che con la continua osservazione e presenza sul campo traggano un quadro completo e costantemente aggiornato dello stato di fatto. I massivi interventi una tantum andrebbero evitati perché fortemente impattanti, costosi e spesso effettuati da ditte o associazioni non radicate sul territorio che non hanno al primo posto il bene comune.

Infine una considerazione: la vocazione del bosco del fontanone è quella di un ambiente naturale che unitamente ad altri, contenuti nel PLIS, andrebbe a costituire quella fascia verde di cui Cernusco ha disperatamente bisogno per restare separata dalla dilagante piovra della cintura milanese, di cui Cologno Monzese e Vimodrone fanno ormai parte. Per questa ragione il Bosco del Fontanone, come del resto il PLIS su cui insiste, deve essere inquadrato in un’ottica diversa rispetto a quella dei parchi urbani.

Il bosco è un ecosistema ricco, migliora la qualità dell’aria, della falda superficiale, spezza la bolla termica della metropoli, regala un paesaggio piacevole ed offre rifugio a piccoli mammiferi, anfibi e diverse specie di uccelli che arricchiscono e migliorano la nostra qualità della vita.

A Cernusco un piccolo bosco c’è e sta a noi proteggerlo e promuoverlo.

Gli alberi: i nostri alleati contro il caldo

Non c’è trucco e non c’è inganno, il termometro parla chiaro: sotto le fronde dei tigli di Via Verdi, uno dei pochi viali alberati rimasti a Cernusco, la temperatura è di ben 11 gradi inferiore a quella delle zone assolate della stessa via.
In questi giorni di caldo insopportabile gli alberi esercitano una preziosissima azione di mitigazione della temperatura: un condizionatore naturale, gratis, a disposizione di tutti e che non inquina, anzi, assorbe anche la CO2!

E sono proprio gli alberi dalle grandi chiome lungo le nostre strade gli alleati più efficaci.

Dunque non sacrifichiamoli, perché nessuna miglioria della viabilità potrà restituirci la loro ombra.

Gli alberi, un bene comune preziosissimo per questo e mille altri motivi, le aree naturali e in generale le risorse ambientali di Cernusco saranno al centro delle nostre iniziative autunno/inverno 2020-21.

Continuate a seguirci…